Può un evento sportivo fare da volano per la pace? Sovente è possibile, in altri casi no. Non c'è una legge scritta in tal senso e la 'tregua olimpica' in fin dei conti funzionava meglio nell'antica Grecia piuttosto che in epoca contemporeanea. Eppure lo sport ha spesso unito ciò che la politica tende a dividere, anche ai nostri tempi. Se c'è una situazione critica nel mondo di oggi è quella che si vive nella penisola coreana, dove la contrapposizione tra la Corea del Nord guidata da Kim Jong-un e gli Stati Uniti ha riportato d'attualità il timore di una guerra nucleare.

A voler essere del tutto obiettivi, questo rischio al momento è ben lontano, ma i catastrofisti di professione ci stanno marciando con estremo vigore e la gente ha paura. Tornando al potere dello sport, talvolta può creare uno spiraglio laddove la politica internazionale alza le braccia. È il caso della Corea del Nord? Forse, o almeno speriamo che lo sia.

La 'questione più pericolosa del mondo'

Quella legata alla Corea del Nord resta comunque la "questione di sicurezza più pericolosa del mondo". Non è un parere qualunque, ma è quello di Jeffrey Feltman, sottosegretario generale per gli Affari Politici delle Nazioni Unite. L'alto rappresentante del Palazzo di Vetro è stato in visita ufficiale a Pyongyang e già questa è una grande notizia se consideriamo che erano trascorsi sei anni dall'ultima missione in Corea del Nord di un esponente ONU.

Sono diversi i rappresentanti del governo nordcoreano con il quale Feltman si è intrattenuto, tra cui il ministro degli esteri, Ri Yong-ho. Lo possiamo tranquillamente definire un 'momento interlocutorio' che non sposta di un milimetro l'attuale fase di stallo. Feltman però ha posto in luce "l'esigenza di aprire dei canali con la Corea del Nord per ridurre i rischi di un conflitto".

Al momento le posizioni dei due contendenti sono piuttosto ferme: Kim Jong-un ha ribadito, dopo l'ultimo test missilistico, che la Corea del Nord non rinuncerà ai propri programmi di sviluppo dell'energia atomica per scopi bellici e che ormai può fregiarsi dello status di "potenza nucleare". Donald Trump ha intensificato le esercitazioni militari congiunte con le forze armate sudcoreane ed il governo giapponese ha annunciato l'intenzione di dotarsi di nuovi missili terra-aria per prevenire la minaccia nordcoreana, vettori con gittata superiore ai 900 km e, dunque, perfettamente in grado di raggiungere la Corea del Nord.

Il premier Shinzo Abe non ha certamente gradito l'ultimo test del regime di Kim Jong-un il cui missile è piombato in acque territoriai nipponiche, così come i due precedenti in agosto e settembre che avevano violato lo spazio aereo del Sol Levante.

La Coppa dell'Asia Orientale

Ma proprio da Tokyo arriva un importante segnale di distensione ed a fornirlo non è la politica, ma il calcio. In Giappone si sta infatti svolgendo il girone finale della Coppa dell'Asia Orientale, torneo per Nazioni giunto alla sua settima edizione. Le quattro squadre che si contendono il titolo sono i padroni di casa giapponesi, la Corea del Sud, la Cina e la Corea del Nord, tutte rappresentanti di Paesi che al momento sono coinvolti nella crisi di cui i nordcoreani sono attori principali, i sudcoreani ed i giapponesi possibili 'bersagli' della furia militare di Kim perché fedeli alleati statunitensi, mentre la Cina è impegnata in prima linea per cercare di risolvere diplomaticamente la questione.

Pechino, come noto, è un partner economico e militare di Pyongyang, ma intrattiene cordiali rapporti con gli altri due Paesi.

Applausi ai giocatori nordcoreani

Per la Nazionale della Corea del Nord non è stato semplice arrivare in Giappone, a causa della delicata situazione internazionale. Il governo di Tokyo ha infatti vietato l'ingresso entro i propri confini a tutti i cittadini provenienti dal Nord della penisola coreana ed i calciatori di Pyongyang hanno dovuto richiedere un visto speciale presso l'ambasciata giapponese. Poi Corea del Nord e Giappone si sono affrontate su un campo di calcio. All'Ajinomoto Stadium di Tokyo è stato un match combattutissimo: naturali favoriti erano i padroni di casa (che prenderanno parte ai prossimi Mondiali di Russia, ndr) che, però, hanno dovuto sudare le proverbiali sette camicie per aver ragione dell'animosa squadra allenata dal CT norvegese Jorn Andersen.

Il Giappone ha vinto per 1-0 ed il gol-partita è arrivato nei minuti di recupero ad opera di Ideguchi. A fine gara però tutti i 20 mila spettatori si sono alzati in piedi tributando uno scrosciante applauso ai giocatori della Corea del Nord che a loro volta si sono presentati sotto le tribune per ringraziare il pubblico. C'erano tanti nordcoreani sugli spalti, gente che vive e lavora da anni in Giappone, ma anche tantissimi giapponesi si sono uniti nell'ideale abbraccio a questi ragazzi. Quanto accaduto è ben lontano dal clima che si respira ormai da mesi nella penisola coreana e non è un episodio da sottovalutare: ci auguriamo che lo stesso Kim Jong-un ringrazi di persona i suoi calciatori quando torneranno in patria.

Si spera in un 'derby della riconciliazione'

Nell'altra sfida del torneo, la Cina allenata da Marcello Lippi e la Corea del Sud che parteciperà ai prossimi Mondiali hanno pareggiato 2-2. La formula della Coppa dell'Asia Orientale prevede un mini-girone all'italiana con il trofeo che sarà sollevato dalla squadra che avrà totalizzato più punti. Nella prossima tornata di gare è in programma l'atteso derby del 38° parallelo tra le due Coree: c'è stato un periodo tra gli anni '90 ed i primi anni 2000 che vide le due Nazionali protagoniste di una serie di sfide, denominate 'amichevoli della rinconciliazione'. Il calcio aveva dato un fortissimo contributo al clima disteso di quegli anni, mai così sereno dai tempi della Guerra di Corea ad oggi.

Le due Coree si presentarono inoltre sotto un'unica bandiera ai Mondiali Under 20 del 1991, un caso più unico che raro. Sarebbe bello rivedere, magari il prossimo 12 dicembre, i 22 giocatori protagonisti del derby coreano entrare in campo reggendo un'unica bandiera, quella della Corea unita così come accadeva nelle gare degli anni '90 e 2000. Riteniamo improbabile che accada, ma non siamo nemmeno tanto pessimisti che il calcio, sport di massa per eccellenza che trascina milioni di persone, possa fare qualcosa in più di un rappresentante delle Nazioni Unite.