Una sentenza che è destinata a far discutere. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che Gesù e Maria possono essere testimonial di una campagna pubblicitaria. Nello specifico il provvedimento ha stabilito che non è blasfemo pubblicizzare vestiti, auto e merendine con simboli religiosi. In particolare un’azienda lituana era finita nella bufera per l’utilizzo dei simboli sacri: la Sekmadienis Ltd era stata multata dai giudici del tribunale della nazione baltica per aver utilizzato immagini contrarie alla morale pubblica per una campagna pubblicitaria.

I giudici baltici avevano contestato all’azienda di aver distorto il significato dei simboli di Gesù e Maria e rimarcato la necessità di salvaguardare la morale. Da rilevare che la fede cristiana è la religione condivisa dalla maggior parte della popolazione lituana. In buona sostanza il tribunale ha sancito la misura a tutela dai credenti che si sono sentiti offesi dall'utilizzo delle immagini sacre.

Non è blasfemo l'utilizzo di simboli sacri

Per la Corte il divieto di utilizzo dei simboli religiosi rappresenta un'interferenza con i diritti di libertà d'espressione del marchio e per tale motivo ha accolto il ricorso della Sekmadienis Ltd. Un modello ed una modella sono stati i protagonisti dello spot della discordia.

I due giovani si sono mostrati in jeans ed hanno rievocato espressioni dell’iconografia cristiana e tra gli slogan utilizzati sono contestati quelli in cui i protagonisti della pubblicità affermano ‘Gesù, Maria, che stile’ e ‘Madre di Dio, che vestito’. Nell’accogliere il ricorso presentato dall’azienda lituana la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha ricordato che la libertà di espressione costituisce il fondamento essenziale di una società democratica.

L'azienda baltica è stata risarcita di 580 euro

La sentenza ha ritenuto vaghe e insufficienti le rilevazioni del tribunale lituano sul riferimento offensivo alla morale e alla religione. I giudici hanno rilevato che le immagini utilizzate per pubblicizzare i jeans non sembrano profane e né incitano all’odio o un attacco alla fede cristiana.

Nelle motivazioni della sentenza il tribunale ha concluso che ci deve essere un giusto equilibrio tra la protezione della morale e il diritto alla libertà d’espressione dell’azienda lituana stabilendo un risarcimento danni in favore dell’azienda baltica di 580 euro.