Alcuni scienziati transumanisti hanno apparentemente trovato il modo di tradurre l’attività cerebrale in movimento fisico. Non è la prima volta che si cerca di decodificare il linguaggio cerebrale per renderlo utilizzabile in unione con la tecnologia. Elon Musk, nel marzo del 2017, ha lanciato Neuralink, una compagnia il cui obiettivo è quello di sviluppare interfacce neurali: ovvero, un mezzo di comunicazione diretto tra un cervello e un dispositivo esterno, come un computer. Secondo lo studioso, non dovremmo aspettare tanto - solo solo quattro o cinque anni - per un'interfaccia neurale almeno parziale.

Mezzi come questo potrebbero cambiare la vita di persone disabili; per esempio, potrebbero permettere a persone in sedia a rotelle di guidarla su percorsi stabiliti, o a persone mute di 'parlare' attraverso un’interfaccia.

Inoltre, i progressi dell'ingegneria genetica continuano. Qualche giorno fa, un altro esperimento di clonazione ha avuto successo. L'Istituto di neuroscienze dell'Accademia cinese delle scienze è riuscito a clonare due scimmie, a circa vent'anni di distanza dalla clonazione della pecora Dolly.

L'ideologia transumanista: il futuro dell'uomo che non comprende l'uomo

Nell’ideologia transumanista o postumanista l’obiettivo non è solo aiutare le persone affette da handicap, ma agire direttamente sulla natura umana attraverso il dna, per modificarla in meglio; tutto al di fuori di un trattamento terapeutico.

Dagli anni 60’-70’ ad oggi, la questione transumanista è diventata sempre più popolare, fino a comparire nella pop culture attraverso letteratura, cinema e serie TV come Black Mirror.

Agendo sul dna e sui geni umani, l’intenzione è di creare dei super-uomini, prolungare la vita e permettere successivamente l’immortalità dell’individuo.

La differenza tra transumanesimo e post-umanesimo risiede nel fatto che per il primo la base rimane sempre il corpo umano, che verrà solo migliorato e modificato; si tratta di trascendere il corpo umano senza uscirne completamente. Per la seconda ideologia, invece, il corpo umano è un supporto che verrà superato e poi abbandonato per essere sostituto da altro.

Tra i sostenitori dell’eugenetica - delle pratiche che hanno come obiettivo di migliorare le caratteristiche genetiche degli individui - non c’è comunque accordo sui limiti da imporsi. Alcuni sostengono la cosiddetta eugenetica liberale, pensando comunque che sia necessario mantenere l’uomo umano; altri non si preoccupano dei legami con la specie, ma sono contro un miglioramento morale artificiale; infine, alcuni sostengono che si debba migliorare l’uomo senza porsi limiti.

Il pensiero di fondo rimane lo stesso: grazie al progresso scientifico, l'uomo è diventato il possessore della natura descritto da Cartesio nel XVII secolo; e questo gli conferisce non solo il potere, ma il dovere di agire in vista di un miglioramento della specie umana.

Un processo selettivo

Julian Huxley, fratello di Adoulf, scriveva nel 1957 l'articolo New bottles for new wines. Sosteneva che il transumanesimo fosse semplicemente parte lineare dell'evoluzione umana: è l'evoluzione che prende coscienza di sé stessa. L'uomo, scriveva il biologo, 'È stato nominato direttore generale della più grande impresa di tutte, quella dell'evoluzione'. Non negava nemmeno il carattere elitario dell'ideologia: il transumanesimo non è per tutti. Si privilegia la qualità degli uomini, piuttosto che la quantità; la bellezza di tutte le cose è un carattere fondamentale, tanto da rendere immorali le cose brutte o deprimenti; infine, è necessario agire per impedire che l'esplosione demografica attuale rovini le speranze di un mondo migliore.

Tuttavia, l'uomo rimarrebbe uomo, solamente trascendendo sé stesso. I personaggi come Mozart o Immanuel Kant diventeranno la norma.

Futuro e morale

Le critiche di quest'ideologia non si risparmiano. Alcune domande, per esempio cosa significhi moralmente agire sull'essenza umana, oppure se negando la morte non si neghi l'uomo stesso, sono al centro di continui dibattiti e non trovano nessuna risposta chiara. Il filosofo e professore ad Harvard Michel Sandel ha pubblicato il testo The Case against Perfection: Ethics in the Age of Genetic Engineering, in cui presenta dei casi in cui si intersecano etica, economia e il settore sanitario riguardanti l'ingegneria genetica. La pratica in questione comincia a essere utilizzata a scopo terapeutico; quindi, le discussioni riguardo il suo utilizzo in campo non-terapeutico sono sempre meno utopiche (o distopiche, a preferenza).

Dato che il progresso scientifico ci darà molto probabilmente la possibilità di farlo, quindi, la domanda diventa se ne abbiamo o meno il diritto (morale). L'uomo, auto-elevandosi al rango di creatore, si può dire comincia a giocare a 'fare Dio'. Moralmente, però, possiamo giocare con la vita, nostra o degli altri?

Filosofi come Immanuel Kant e John Locke probabilmente negherebbero questa possibilità. Locke sosteneva che la nostra vita e la nostra libertà siano diritti inalienabili e in quanto tali non siano nemmeno nostri abbastanza per permetterci di liberarcene, per esempio tramite il suicidio, o la vendita di noi stessi come schiavi.

Per Kant la questione gioca invece su rispetto che il nostro esistere in quanto esseri razionali dovrebbe suscitare: l'umanità va sempre considerata un fine, e mai un mezzo per ottenere o arrivare a qualcosa.

Non abbiamo il diritto, anche se siamo gli autori della legge morale, di sfruttare noi stessi o gli altri né di considerarci come oggetti. Anche per Kant il suicidio è un atto immorale.

Il caso si complica quando parliamo di transumanesimo perché gli uomini sono sia il fine che il mezzo. Tutti sogniamo un'umanità migliore, più forte, più resistente - anche se non tutti desiderano l'immortalità - ma questo implica agire direttamente su noi stessi e sulla nostra essenza di esseri umani.

La libertà è compatibile con l'eugenetica?

Un'altra questione che si trova al centro della discussione su transumanesimo e eugenetica è quella della libertà. L'ingegneria genetica nell'ottica transumanista darebbe la possibilità ai genitori di agire sui propri figli per garantirgli alcune caratteristiche specifiche nell'aspetto, nelle capacità fisiche e in quelle intellettive.

Per esempio, si potrebbe giocare con i geni della famiglia per rendere il bambino più intelligente, o crearlo come copia genetica di un fratello, un parente morto o una star del cinema; oppure per garantirgli un futuro da atleta olimpionico. La domanda che ci si pone è se ci sia qualcosa di sbagliato in tutto questo.

Perché, nonostante l'entusiamo che suscita una tale possibilità, c'è qualcosa che moralmente ci trattiene? Sempre secondo l'articolo di Sandel, non si tratta solo ed esclusivamente del problema morale della libertà e dell'autonomia. Dopotutto, nessuno può scegliere il proprio codice genetico; anche in questo caso, non sarebbe l'individuo che sceglie per se stesso, ma altri individui che scelgono per lui.

L'autonomia pura riguardo a ciò è una semplice illusione.

Il problema principale sarebbe che la libertà del bambino in questione sarebbe limitata su due fronti: in uno sviluppo autonomo; e anche in quello, sottostimato, della presenza di limiti. La vita non è e non dovrebbe essere interamente a nostra disposizione.

Piuttosto, potremmo dire che la vita umana dovrebbe essere protetta da due cose: da un intervento naturale pericoloso - quindi, contro malattie e simili; e da un intervento umano pericoloso - l'eccessivo intervento non-terapeutico sui geni ritenuto necessario dall'ideologia transumanista perché l'uomo compia il suo vero destino.

Un futuro elitario

Uno degli aspetti più problematici e che non può essere evitato è quello del carattere elitario dei progetti postumanisti e transumanisti.

Messo da parte l'utilizzo terapeutico dell'ingegneria genetica, le domande riguardo l'utilizzo non-terapeutico della pratica riguardano ovviamente chi potrà farne utilizzo, in quali casi, in quali modi, e a quali scopi. Se l'utilizzo terapeutico pare evidente debba essere garantito a tutti, quello non-terapeutico non dà la stessa impressione. Piuttosto, sembra un trattamento che riguarda, come sosteneva Huxley, sono una parte della popolazione: molto probabilmente, quella più ricca e dei paesi più sviluppati, che ha più possibilità di accedere a questo trattamento e sopratutto di pagarlo. Si rischierebbe di cadere in un processo che permetterebbe l'apertura di un profondo gap essenziale - relativo all'essenza - tra i membri della specie umana.

Avremmo dei super-uomini, migliorati geneticamente, e altri uomini semplici, bloccati nella loro esistenza puramente biologica e umana. Il valore morale di questi uomini, possiamo chiederci, rimarrà lo stesso? Sopratutto se già adesso non si può negare la percezione di categorie all'interno della nostra specie, categorie che non esistono, né hanno alcun diritto o fondamento per esistere, che però dividono gli uomini e che influiscono sul loro valore. Basta pensare alla reazione mediatica davanti agli attentati terroristici, che cambia radicalmente se si tratta di un attentato europeo o fuori dall'Europa.

Jurgen Habermas, filosofo e sociologo tedesco, sostiene che la nostra libertà in quanto esseri che hanno lo stesso valore morale dipende dalla nostra origine, che stava e dovrebbe continuare a stare al di là del controllo e della manipolazione da parte degli uomini.

Detto altrimenti, per non rischiare di danneggiare la nostra stessa libertà, è necessario agire con cautela nel momento in cui tocchiamo l'essenza dell'uomo manipolando una natura di cui forse non siamo così tanto possessori come crediamo di essere.