Lei si chiama Michela P. (il cognome non viene svelato per motivi di sicurezza), ha 35 anni ed è la compagna di Innocent Oseghale, l’uomo accusato, insieme ai due presunti complici Lucky Awelima e Desmond Lucky, di aver ucciso e fatto a pezzi Pamela Mastropietro. La donna, originaria di Macerata e con un passato difficile alle spalle, è anche madre della bimba di undici mesi avuta con il ragazzo nigeriano (oltre ad altri due figli avuti da una precedente relazione). Secondo il settimanale Giallo, sarebbe lei la super Testimone che con le informazioni fornite agli inquirenti ha permesso la svolta nelle indagini.
Michela P., infatti, ha affermato di aver sentito più volte Oseghale il 30 gennaio scorso, giorno dell’omicidio di Pamela, e di averlo persino visto, durante una videochiamata, in compagnia di due uomini a lei sconosciuti nell’appartamento di via Spalato 124, dove sarebbe avvenuto lo scempio.
Michela ha visto in faccia gli amici di Oseghale e potrebbe riconoscerli
Dunque, secondo Michela P., quel tragico 30 gennaio 2018 Innocent Oseghale non era solo nella mansarda di via Spalato 124 dove è stata uccisa e fatta a pezzi Pamela Mastropietro, ma era in compagnia di altre due persone, entrambe di colore. Michela afferma di aver visto chiaramente i volti dei due attraverso lo smartphone e di poterli riconoscere.
Uno dei due, poi, sarebbe stato chiamato più volte con l’appellativo di ‘Isha boy’ o ‘Lucky ten’. Informazioni riferite ai carabinieri già alcuni giorni fa, nella veste di persona informata dei fatti, ma rese pubbliche solo oggi. Comunque sia, la donna ha ammesso di non aver notato nulla di strano, nessuna preoccupazione nei volti dei tre uomini.
Una tranquillità solo apparente secondo gli inquirenti.
Oseghale non può avere fatto tutto da solo
Secondo la testimonianza raccolta dalla redazione di Giallo, presente nella casa della donna per una intervista alcuni giorni fa, Michela P. avrebbe confidato telefonicamente ad un amico di credere nell’innocenza del compagno o che, comunque, non possa essere stato solo lui a compiere un omicidio, quello di Pamela Mastropietro, “così terribile”.
Un giallo nel giallo, dunque, perché il giornalista che si trovava in casa di Michela P. durante quella telefonata, ancora non conosceva i particolari qui sopra rivelati, mentre la donna già sapeva che Oseghale non era solo in via Spalato. La preziosa testimonianza di Michela, nonostante alcuni dubbi, ha comunque permesso agli uomini della scientifica di verificare tutti i riscontri tecnici (compresa l’analisi delle celle telefoniche) ed arrivare così all’arresto dei tre nigeriani.