Sabato 27 gennaio, presso la Sala Barozzi dell'Istituto dei Ciechi di Milano, si è tenuto l'annuale incontro dell'arcivescovo Mario Delpini coi giornalisti e i comunicatori diocesani dal titolo "Il diritto di essere correttamente informati. I media tra disintermediazione e la sfida per una comunicazione al servizio della verità".

L'evento è stato presentato da mons. Davide Milani, responsabile della Comunicazione Arcidiocesi di Milano, cui è seguito il saluto di Alessandro Galimberti, presidente dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia e giornalista de "Il Sole 24 Ore".

Subito dopo si è aperto il dibattito fra tre grandi rappresentanti della comunicazione: Daniele Bellasio, caporedattore esteri "La Repubblica", Tiziana Ferrario, giornalista Tg1 Rai, Marco Alfieri, responsabile ilsole24ore.com, e l'arcivescovo Mario Delpini.

Appuntamento al 17 marzo prossimo

Mons. Davide Milani ha annunciato l'appuntamento del 17 marzo prossimo per inaugurare il corso del cammino di formazione "Parrocchia Comunica" per i comunicatori diocesani che, all'interno delle loro parrocchie, svolgono un servizio di informazione per la comunità del loro territorio, invitando i giornalisti ad una mattinata di riflessione.

Le fake news sono un business

Alessandro Galimberti ha spiegato chiaramente come le Fake News siano un business.

Sul web dobbiamo fare molta attenzione alle parole che vengono scritte sotto traccia. Al World Economic Forum tenutosi a Davos, Martin Sorrell ha affermato che Google e Facebook controllano il 75% della pubblicità mondiale in rete, un dato scioccante che è passato quasi inosservato, ma che in realtà mette a rischio la libertà dell'informazione.

Nel campo dell'editoria, le aziende soffrono una crisi epocale: mancano i fatturati, mancano i redditi delle aziende editoriali. Finora si è fronteggiato il fenomeno con piani di crisi che hanno ridotto ossessivamente gli organici redazionali.

I contenuti giornalistici viaggiano gratis poiché vengono postati dagli utenti, dai social network e dagli aggregatori di notizie di Google, generando una sottrazione del diritto di copyright.

Attualmente sono circa 350.000 gli accessi giornalieri che attingono abusivamente nel web contenuti giornalistici non remunerati. Occorre, secondo Galimberti, trovare un intermediario dei giornali - come YouTube che monopolizza la musica - che paghi il lavoro dei giornalisti e delle aziende.

Sembra giunto il momento di riportare equilibrio su un mercato fuori controllo: la comunità nazionale degli Stati, la politica degli Stati e la politica internazionale devono dire che è ora di ritornare a regole di civiltà.

Il diritto all'informazione corretta

Daniele Bellasio è dell'idea che stiamo vivendo a cavallo di due transizioni, una negativa e una positiva. La transizione negativa è che stiamo passando da una fase in cui la stampa era l'unica fonte di informazione, ad una in cui la stampa viene considerata l'unica fonte di disinformazione.

La transizione positiva riguarda ancora la stampa che non è più l'unica fonte di informazione, ma che potrebbe essere l'unica fonte di informazione corretta.

La stampa, secondo Bellasio, potrebbe certificare con la propria professionalità e passione che una determinata notizia è autentica e frutto di un lavoro accurato, una sorta di certificazione delle informazioni.

Rispetto al problema delle fake news, Bellasio pone delle domande: "Cosa si sta facendo contro la disinformazione? Contro le fake news? Inventiamo un software? Oppure andiamo dai magistrati? Oppure facciamo una commissione governativa?". La questione della disinformazione e delle fake news sembra non considerare il fatto che la stampa sia considerata irrilevante o morente dal punto di vista del business, o addirittura controproducente.

Bellasio è provocato e colpito da una frase di mons. Delpini che ha detto, riguardo al mondo del giornalismo: "I giornali non li leggo, mi fanno venire l'allergia, internet invece sì, mi informo in altro modo". Come possiamo curare questa allergia che i medici non sono in grado di guarire?

I giornalisti sono pericolosi

Mons. Mario Delpini, lievemente imbarazzato di fronte ai tanti giornalisti, risponde: "L'allergia è un po' come una malattia di cui non mi vanto. Adesso che vado là, in mezzo ai giornalisti, chissà quante pillole devo prendere! Invece siete persone molto simpatiche, molto gentili, che avete colto questa opportunità che io spero di poter continuare come è stato per i miei predecessori, ad avere una volta all'anno un incontro con voi che mi date la possibilità di dialogare di un mondo che conosco poco; essendo la prima volta che vengo qui, non ho portato messaggi o ragionamenti da condividere, ma piuttosto domande".

L'elenco delle domande di mons. Delpini è lungo. Dalla prima domanda: "Il giornalismo è in crisi?", fino all'interrogativo finale: "I giornalisti sono pericolosi?"

Due sfide: una tecnologica e una personale

Tiziana Ferrario, pur condividendo l'allergia contagiosa di mons. Delpini, mette in risalto due sfide. La prima è tutta tecnologica: al Forum di Davos, George Soros, finanziere e imprenditore ungherese, è convinto che Google e Facebook siano pericolosi per la democrazia e abbiano i giorni contati, affermando che sono un ostacolo all'innovazione e una minaccia alla società, perché rubano la libertà in un modo che neanche Orwell avrebbe mai potuto immaginare. Serve una diversa regolamentazione del web.

La seconda sfida è personale. Ferrario descrive la campagna elettorale in America e la grande sferzata ai giornali messi sul banco degli imputati dopo la vittoria di Trump, quando gli stessi avevano dato la Clinton vincente. Il "Washington Post" e il "New York Times" hanno subito attacchi violentissimi perché non hanno raccontato quello che stava realmente accadendo, non avendo capito che una parte degli Stati Uniti stava male, stava soffrendo, e che aveva bisogno delle proposte avanzate da Trump. A questi attacchi, i giornali americani hanno deciso di reagire, hanno raccolto la sfida e hanno risposto con la qualità dell'informazione.

Nel concetto di giornalismo serio, dobbiamo dare per scontato che tutti sappiano cosa sia il buon giornalismo con la sfida quotidiana di trasparenza, aprendo le porte delle redazioni.

Qualità significa numero di giornalisti in campo, porte aperte, dialogo aperto con gli ascoltatori, riunioni di redazione aperte per far capire cosa c'è dietro la pubblicazione di una notizia, perché questo significa fiducia. Abbiamo bisogno di far capire che lanciare una notizia falsa per fare soldi è ben diverso dal lavoro che c'è dietro un giornale serio.

Basta con titoli volgari che servono ad attirare persone che la pensano a quel modo, ma che non danno valore e prestigio alla professione giornalistica, che offendono donne o parlano di migranti in modo oltraggioso.

Spesso, da alcuni vescovi, vengono usate le parole verità e missione, termini troppo alti per quello che va considerato come un lavoro: non si è servi di un'istituzione o di un'altra solo perché si condividono valori.

Un mestiere difficile, quello dei giornalisti, che oggi sono minacciati per aver raccontato la verità o sotto scorta perché hanno raccontato il malaffare. Questo è giornalismo serio.

Tanti giornalisti sono imprigionati in paesi non democratici come Turchia ed Egitto, e l'elenco è decisamente lungo. I giornalisti sotto scorta sono aumentati anche nel nostro paese: 345 in italia, il 60% sono a Roma, nel Lazio; 3 a Milano; 2 a Torino; uno a Caserta; uno a Reggio Calabria ed uno a Viterbo. Sta diventando molto difficile fare questo lavoro. Alcuni giornalisti vengono assassinati; basti pensare a Daphne Caruana, uccisa in un attentato a Malta, un paese dell'Unione Europea, mentre stava portando avanti un'inchiesta sulla corruzione che coinvolgeva anche l'Italia.

Non crediamo che, in un paese democratico, si debba perdere la vita per svolgere un lavoro.

Nuova ondata tecnologica: la messaggistica vocale

Marco Alfieri espone quant'è difficile fermare l'ondata tecnologica che ci sta travolgendo, e di quanto dobbiamo essere consci di quello che facciamo ogni giorno per cercare le informazioni. Ogni volta che effettuiamo una ricerca su Google non è un atto gratuito, ma stiamo cedendo i nostri dati a delle aziende che non sono delle Onlus ma delle multinazionali che traggono dei profitti. Non parliamo di informazione gratuita, ma di una diversa forma di pagamento. Oggi, nei confronti delle grandi piattaforme tecnologiche, si oscilla tra demonizzazione e subalternità.

Serve qualcosa di più equilibrato. Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, rivolgendosi a tutto il mondo ha usato la parola correzione, ha detto che il 2018 deve essere l'anno della correzione per il suo social network.

Grandi aziende editoriali sviluppano newsletter per dare informazioni di interesse comune. La capacità di spiegare un fatto, rendendolo divulgabile, è un'operazione che in Italia è ancora arretrata. Rendere semplice un'informazione è una funzione a cui dovremmo tornare: oggi serve cambiare pelle e andare incontro ai lettori, sviluppare nuove forme di comunicazione per raggiungere un pubblico più ampio, cambiando le modalità. Lo sviluppo della messaggistica vocale potrebbe essere la rivoluzione dell'informazione.

Conclude l'arcivescovo

L'Arcivescovo conclude l'incontro, chiedendo la "decima del giornalista", 1.800 caratteri firmati ed indirizzati a "comunicazione@diocesi.milano.it" ad un interlocutore diciottenne, nel quale ci siano buone ragioni per diventare grandi. Tutti gli scritti possibilmente con antistaminici!