Elizabeth Phelps, psicologa dell'Università di New York che ha organizzato il lavoro e guidato i ricercatori nel lavoro pubblicato sulle pagine di 'Proceedings of the National Academy of Sciences', parla di 'moralità' nel rapporto di fiducia che abbiamo con il prossimo a noi sconosciuto. Ed è effettivamente questo ciò che avviene nella nostra mente nel momento in cui noi, per così dire 'a istinto', ci fidiamo di qualcuno.

Fidarsi di uno sconosciuto: come può accadere?

Attraverso un processo legato al fenomeno del 'déjà vu', siamo in grado di riconoscere nel soggetto che andiamo a osservare qualcosa di familiare, per l'appunto di 'già visto'.

E poiché associamo quella parte di corpo, di espressione o di comportamento a qualcosa connesso a una realtà intima - il nostro inconscio - e benefica - senso di sicurezza legato al rivedere qualcosa di noto e ben conosciuto -, ecco che si concretizza la possibilità di poter scambiare più volentieri due parole con chi non abbiamo mai visto prima, presentarci in maniera più cordiale a un individuo e, quindi, fidarci e credere che per quel 'non so che' l'essere umano in questione possa essere degno di una relazione con noi. E' qui che la moralità va a inficiare con la sensazione di 'déjà vu', poiché quell'atto conoscitivo nei confronti di un estraneo chiama in causa la nostra esperienza ed è in grado d'influenzare inevitabilmente le nostre scelte future.

L'esperimento dei ricercatori che dimostra il fenomeno

Gli scienziati che hanno studiato questo interessante fenomeno hanno costruito 'ad hoc' una vera e propria situazione in cui dei soggetti si trovano a doversi fidare di qualcuno senza avere troppo tempo per pensare. Un soggetto, che si prestava volontariamente all'esperimento, doveva scegliere a quale altro soggetto affidare una determinata somma di denaro.

Chi riceveva i soldi, scopriva di avere tra le mani una cifra quadruplicata rispetto a prima: a sua volta, doveva scegliere se spartire il bottino con gli altri compagni del test, o tenere per sé l'intera somma.

Una volta che ciascuno faceva conoscere il proprio carattere in merito a quelle decisioni, si passava a una seconda fase.

A essere introdotti come forze fresche, però, non erano altri soggetti in carne ossa, ma avatar che rappresentavano le stesse persone di prima. L'unica particolarità era che i lineamenti del volto erano stati modificati. Davanti a questa nuova opzione, i soggetti erano portati a diffidare dalle persone che prima, invece, avevano reputato degne della loro fiducia. L'esperimento è infine proseguito studiando anche i movimenti cerebrali dei soggetti davanti a un volto oppure alle prese con la scelta da effettuare. Dimostrando così che con il fattore 'déjà vu', legato all'esperienza sensibile, può portarci a dare fiducia a un estraneo, influenzando di conseguenza le nostre decisioni nei suoi confronti.