Si definiva “felicissimo” che al mondo ci fosse un terrone in meno da mantenere, riferendosi alla tragica morte di un diciassettenne siciliano, Stefano Pulvirenti, deceduto nel novembre 2015 a causa di un incidente stradale dopo quasi un mese di agonia.

Il post su Facebook, pubblicato utilizzando un falso profilo, gli è costato una condanna per diffamazione aggravata da odio razziale, e una sanzione di 1000 Euro più spese processuali, in seguito a patteggiamento.

‘Nella bara c’è un terrone ignorante’

Lo spavaldo autore del reato, colpevole di aver pubblicato un simile commento ma non altrettanto audace da postarlo sul suo reale profilo (chissà, forse per un microscopico residuo di pudore rimasto sul fondo della sua discutibile educazione civica e morale), sarebbe un operaio quarantaduenne, residente a Settimo Torinese, la cui identità era stata svelata dai carabinieri del nucleo investigativo telematico, già dopo un anno dalla pubblicazione, in seguito alla denuncia di alcuni conoscenti della povera vittima e alla conseguente presa in carico della Procura.

Ma l’operaio piemontese non si è certo limitato a tale farneticante considerazione, anzi si è spinto ben al di là del cattivo gusto, manifestando le sue “intime” sensazioni nel vedere l’immagine di una bara bianca che conteneva un giovane “terrone”. “Godo tantissimo”, avrebbe scritto, “peccato che ero al Nord altrimenti avrei c*** su quella bara bianca”.

Frasi che si commentano da sole e che non hanno bisogno di essere rivolte ad un ragazzo del sud di soli diciassette anni, morto in un tragico incidente stradale, per essere deplorevoli. L’odio razziale non fa che appesantire un pensiero già di per sé pericolosamente delirante e meschino, che nasconde, prima ancora che l’atteggiamento xenofobo, l’insensibilità e l’incapacità di empatia verso il prossimo, tanto più se si tratta di un ragazzo e di una drammatica circostanza come quella descritta.

Un ‘cordiale saluto’ alla gente del sud

Il post si era concluso con un significativo saluto al popolo di “terroni”, definiti tramite aggettivi tristemente offensivi, a sottolineare ancora una volta l'abiezione del soggetto in questione.

“Buonasera terroni m***si. Non è morto nessuno di voi oggi?".

Il procedimento è destinato a passare in sede civile con una richiesta di risarcimento ai familiari della vittima, ma l'offesa al buonsenso comune non verrà risarcita da nessuno.

Per un terrone in meno, uno squallido provocatore in più.