Sono trascorsi pochi giorni dall’eccidio avvenuto nel giorno di San Valentino, quando un ex studente, Nikolas #Cruz, ha ucciso 17 persone e ferite almeno una decina presso la Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland, non troppo distante da #Miami. L’evento si è verificato verso le 14 30 dell’ora locale. Dopo aver compiuto la carneficina, il giovane sarebbe fuggito per poi essere catturato a circa tre chilometri di distanza dal luogo del massacro. Nikolas non avrebbe opposto resistenza agli agenti al momento dell’arresto, e gli sceriffi dichiarano che l’ex studente sarebbe stato ritrovato in possesso di un fucile semi-automatico Ar-15, di una maschera anti-gas e di alcuni fumogeni.

Non sono ancora chiare le motivazioni che avrebbero spinto il ragazzo a compiere un gesto di follia omicida. Si ipotizzano comportamenti ossessivi o semplici antipatie da parte di quest’ultimo. Tuttavia, non è la prima volta che il ragazzo dà segni di squilibrio; l’insegnante di matematica ha affermato che al colpevole era stato proibito di accedere alla scuola qualora avesse avuto con sé uno zaino. Ciò in conseguenza del fatto che Nikolas avesse una passione per le armi, come risulta dai social; uno youtuber lo avrebbe segnalato alle autorità dopo la seguente dichiarazione: “diventerò il più grande massacratore di scuole degli Usa”. Proprio questa inclinazione alla violenza e al delirio aveva messo in allarme i ragazzi della scuola, che l’anno precedente erano stati ripetutamente minacciati.

Di fronte a tutto ciò, l’FBI ha agito raccogliendo le testimonianze e le dichiarazioni allarmate della comunità di Parkland, senza tuttavia muovere un dito. Già lo scorso 5 gennaio, una persona vicina a Cruz avrebbe segnalato dei comportamenti anomali da parte del ragazzo. Tuttavia, l’FBI dichiara la propria responsabilità: “Secondo i nostri protocolli l'informazione fornita il 5 gennaio dal conoscente di Cruz, doveva essere trattata come un vera e propria minaccia di morte.

L'informazione avrebbe dovuto essere comunicata all'ufficio dell'Fbi di Miami, dove sarebbero dovuti essere presi i relativi provvedimenti. Abbiamo realizzato che le direttive non sono mai state eseguite sulla base della segnalazione ricevuta il 5 gennaio".

La polizia non è intervenuta, un semplice errore o gli Usa non sono più in grado di garantire una certa sicurezza e ordine pubblico?

Di fatto, una serie di fattori ha influito nello svolgimento della vicenda. Probabilmente, la negligenza delle minacce ha avuto a che vedere con l’età del ragazzo, ritenuto “innocuo” in quanto molto “giovane”. Un errore comune che induce le autorità, ma anche la stessa società civile a pensare che giovinezza sia sinonimo di innocenza. Lo sfoggio di pistole e di potenziale violento possono essere ritenute delle componenti ordinarie in contesti dove i giovani ricevano modelli educativi e culturali improntati all’esercizio del rispetto attraverso la violenza e le pratiche del bullismo.

Tuttavia, ad allarmare non pochi studenti è stata l’ossessione e il fanatismo del giovane, che non si limitavano alla forza fisica, ma all’uso di armi, accompagnato da una forte misantropia e un odio non troppo celato nei confronti della cultura islamica. Sebbene le intenzioni delle autorità fossero in buona fede, tuttavia la negligenza è un errore imperdonabile, soprattutto in un contesto quale gli Stati Uniti d’America, dove le sparatorie e l’uso sproporzionato di armi da fuoco sono all’ordine del giorno.

La libera detenzione delle armi da fuoco può essere ritenuta la principale causa dei frequenti eccidi nello stato americano?

La risposta è secca. Sì. Nel clima di cordoglio generale, il presidente Usa Donald Trump ha espresso il proprio disappunto e dispiacere per l’accaduto in un tweet: “La sicurezza delle nostre scuole e dei ragazzi sarà la nostra priorità assoluta.

(…) Nessun bambino o insegnante dovrebbe essere in pericolo in una scuola americana. Nessun genitore dovrebbe aver paura per i propri figli, quando li bacia ogni mattina e li manda a scuola. La nostra intera nazione prega con tutto il cuore per le vittime e per le loro famiglie. Siamo qui assieme, come un'unica famiglia americana, la vostra sofferenza è anche il nostro fardello". Il tweet, ricolmo di dispiacere ma privo di pragmatismo, ha destato numerose polemiche nella società civile americana, tant’è che la risposta molto emblematica di una studentessa è stata riportata dai giornali di tutto il mondo: “Non so cosa farmene delle tue preghiere, (insulto), piuttosto fai qualcosa contro la diffusione delle armi, l'unica cosa che potrebbe fermare il ripetersi di queste stragi".

“Vox Populi vox Dei” recita il famoso detto. In Europa, la mentalità è molto diversa. Nel 1996, in seguito alla strage avvenuta nel Regno Unito presso la Dunblane Primary School, dove un folle uccise 16 bambini in un’età compresa fra i 5 e i 6 anni. In seguito alla tragedia, il parlamento inglese approvò la legge per l’abolizione della detenzione delle armi e, di fatto, il problema fu risolto. Da un punto di vista statistico, l’Europa non soffre la questione “stragi pubbliche”, fatta eccezione per gli atti di terrorismo. Mentre negli Usa sembra sia ancora valida la mentalità del Far West, dove poco manca che gli uomini risolvano le controversie a suon di pistola. A ciò poi si aggiungono gli episodi di violenza razzista e islamofobica.

Di certo, la violenza è una prerogativa da sempre esistente nell’uomo e, in ragione di ciò, l’uso delle armi andrebbe ridimensionato.

Libertà di difendersi e di vendere armi, una degenerazione filosofica del liberalismo americano?

Come spesso viene riportato, il liberalismo è quella dottrina politica, elaborata dagli illuministi tra il XVII e il XVIII secolo, che si fonda sul principio della difesa dei diritti individuali e naturali, fra i quali la libertà di parola, religione ecc. Questa filosofia, di matrice europea e per alcuni versi condivisibile, è stata poi abbracciata completamente dagli Stati Uniti d’America, che hanno fatto della libertà, (“Freedom”), un simbolo della propria nazione.

Si può dire, tuttavia, che dopo la libertà di pensiero e di culto, altre forme di diritti individuali abbiano preso piede, fra i quali la libertà in campo economico, sfociata poi nel famigerato liberismo (il non intervento dello stato nell’economia e la libera iniziativa privata, senza alcun freno sociale e politico). Ebbene, nel contesto nord-americano, questo principio di libertà sembra essere stato esteso anche a un altro ambito: quello della difesa personale. L’America è stata sempre divisa tra coloro che nutrono grande fiducia nella legge e nell’ordine degli States e coloro che, al contrario, vedono nella difesa personale una garanzia di libertà e tutela personale, laddove le istituzioni non riescono a garantire queste ultime.

Che si creda o meno alla teoria assolutista Hobbesiana sulla formazione dello Stato (come istituzione nascente per evitare i conflitti tra le parti) o a quella Lockiana (che nasce sì per risolvere l’insicurezza civile, ma fra rapporti pacifici), i sentimenti negativi dell’uomo americano oscillano tra la diffidenza e la sete di violenza. Basterebbero queste ragioni per spingere la giurisprudenza a evitare la detenzione di armi come fattore di accrescimento della diffidenza sociale e di un barbarico modus agendi della giustizia.

Inoltre, l’industria bellica, pubblica sostenitrice del governo Trump, non si pone scrupoli in merito alle stragi, che di fatto alimentano il commercio di armi nel territorio statunitense (e non solo).

Da qui, è facilmente intuibile la motivazione che ha spinto il presidente repubblicano a omettere completamente la questione delle armi. Ecco come liberismo economico (industria bellica incline al commercio) e una degenerazione della mentalità riguardante le libertà individuali (il diritto di difendersi da sé) divengano un mix micidiale di nuovi, possibili e sfortunati eventi.