La squadra mobile di Reggio Calabria ha eseguito nelle scorse ore l'arresto di un uomo di 68 anni che nello scorso mese di febbraio tentò di uccidere sei persone di nazionalità rumena, tra questi c'erano anche due bambini.

L'uomo diede fuoco all'abitazione dei rumeni

A finire in carcere è stato, come scritto sopra, un uomo di sessantotto anni, Antonino Labate, conosciuto già dalle forze dell'ordine come elemento di spicco della cosca Gebbione di Reggio Calabria. L'uomo nello scorso mese di febbraio diede fuoco all'abitazione di sei rumeni, con lo scopo di ucciderli, in casa c'erano anche due bambini.

Gli uomini della Polizia di Stato della città calabrese hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dell'uomo, dopo che dalle indagini è emerso come il boss dei "Gebbione" sia stato l'autore materiale del rogo appiccato ad un'abitazione situata nella zona sud di Reggio Calabria. L'intento dell'incendio era quello di provocare la morte di ben sei cittadini di nazionalità rumena. Ad Antonino Labate sono state mosse la accuse di tentato omicidio plurimo e incendio doloso aggravato dalle modalità mafiose.

I sei rumeni salvi per miracolo

I fatti che hanno portato all'arresto di Labate risalgono con precisione allo scorso 27 febbraio, giorno in cui l'abitazione di una donna di 46 anni, rumena, fu data alle fiamme, La donna, all'interno dell'appartamento, in quel momento ospitava alcuni suoi connazionali, tra i quali anche due bambini.

Mentre i rumeni stavano festeggiando all'interno dell'appartamento un compleanno, all'improvviso si accorsero delle vaste fiamme divampate all'interno del locale. Per mettersi in salvo, i sei dovettero scavalcare una finestra che dava su un piccolo cortile circondato da alti muri di cinta, situato nella parte opposta rispetto al luogo dell'incendio.

A domare le fiamme ci hanno poi pensato i vigili del fuoco, accorsi sul posto insieme ad alcune volanti della Polizia di Stato di Reggio Calabria.

Il boss passò dalle minacce ai fatti

L'operazione condotta dagli uomini della questura è stata denominata "Nerone", ed ha permesso sotto le direttive della DDA di ricostruire le esatte dinamiche dell'incendio appiccato all'appartamento.

Da queste indagini è emerso anche che il sessantottenne, autore del gesto, ha anche picchiato la donna rumena con un bastone, durante un litigio. Subito dopo, lo stesso Labate minacciava gli occupanti di "bruciarli vivi", per aver abbandonato alcuni sacchetti con all'interno della spazzatura accanto all'ingresso della sua proprietà, nei pressi dell'appartamento occupato dai rumeni. Dopo le minacce il boss è passato ai fatti e, dopo aver riempito un bidone di benzina in un distributore di carburanti presente in zona, si era recato a casa dei rumeni appiccando l'incendio. Fondamentali nelle indagini sono stati i sistemi di video sorveglianza che gli investigatori hanno esaminato. Sulle strade presenti nei pressi del luogo dell'incendio sono infatti posizionate numerose telecamere le cui immagini sono state visionate dagli agenti.