Gaza è continuamente sotto attacco da parte dello Stato israeliano ma, negli ultimi mesi si è avuta un’escalation degli attacchi da parte dell’esercito d’Israele. Dallo scorso dicembre ai primi mesi di marzo si sono contati quasi duemila attacchi missilistici, più di trenta omicidi e duemila palestinesi rinchiusi nelle carceri (parecchi di questi sono bambini, alcuni sotto i dieci anni di età).

Ormai, da undici anni sotto embargo da parte di Israele, gli abitanti della Striscia stanno vivendo una situazione che non registra precedenti. Vivono con la disponibilità di elettricità per qualche ora al giorno, l’acqua potabile è introvabile (e il governo israeliano ne ha tagliato i rifornimenti da più di una decina di giorni); praticamente non esiste un sistema fognario e le acque reflue si riversano direttamente in mare, disoccupazione a livelli mai visti con quasi tutta la popolazione vive sotto la soglia di povertà.

Il diritto Internazione impone allo Stato di Israele di mantenere le condizioni di vita dignitose ai palestinesi

La popolazione palestinese è dal 1948, cioè da quando è stato creato lo Stato di Israele, che lotta per vedere riconosciuto il proprio diritto all’autodeterminazione e alla creazione di uno Stato; impossibile non conoscere le sanguinose guerre che si sono susseguite nei decenni e che hanno portato Israele a occupare sempre più territorio e la popolazione palestinese ad essere costretta a rifugiarsi in campi profughi nella vicina Cisgiordania, Libano o Egitto.

Ed è proprio dal “diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi” (per il quale esistono decine di risoluzioni a favore) che partirà l’ultima protesta e che vedrà coinvolti tutti i profughi rifugiati in una marcia (la quale darà seguito a quelle effettuate nel 2011 e 2012) che partirà da Gaza, Gerusalemme, Libano, Cisgiordania, Egitto.

Sono state chiamate a raccolta le famiglie, non ci saranno armi né pietre e si eviteranno in ogni modo scontri con l’esercito israeliano; saranno armati della loro voglia, oltre che del loro diritto, di riappropriarsi delle terre confiscate e di lasciare i “campi d’indegnità” ma, soprattutto saranno armati della risoluzione ONU n°194 che sancisce il diritto al ritorno della popolazione palestinese nelle loro case e nei loro campi.

Sarà da vedere la reazione del governo israeliano a questa manifestazione pacifica, generalmente abituato ad ottenere ogni singolo centimetro di spazio con la forza e a reprimere ogni manifestazione con essa. E chissà che la comunità internazionale, al contrario, non riesca a sentire le milioni di voci che chiederanno di poter tornare dove gli spetta per diritto: in Palestina.