Che tecnologia e psicologia fossero alla base delle elezioni americane è un elemento ormai emerso da varie indagini perpetratesi nel corso del tempo; che milioni di cittadini fossero spiati da un’azienda riconducibile a Trump, era un tassello mancante nel puzzle delle interferenze tra potere e social network.
Dalle indagini investigative e da varie inchieste giornalistiche portate avanti da oramai un anno e mezzo, emerge che la Cambridge Analytica, società riconducibile a Trump, abbia raccolto in questo periodo dati personali di oltre 50 milioni di persone negli U.S.A.
ricavandole dal database di Facebook. L’intento della società era quello di delineare i tratti psicologici di milioni di persone e studiare una propaganda politica che potesse incanalare il consenso plasmandosi a seconda della psiche del soggetto a cui è rivolta: tipi riflessivi, introspettivi, istintivi, irrazionali, irruenti davano vita ad altrettanti spot pubblicitari.
Milioni di persone sono state così spiate a loro insaputa dai vertici dello Stato in grado poi di sussurrare alle orecchie di ognuno di loro un messaggio politico che cavalcava l’onda delle emozioni personali, riflettendo esattamente le pulsioni o le tendenze di ognuno, emerse mediante dati personali, attività informatica, luoghi di frequentazione, post sui social.
Le testimonianze di un pentito, Christopher Wylie, ex tecnico informatico della società, ha permesso di posizionare al posto esatto i tasselli di un mosaico intrigato e che, mai come adesso, sembra essere indirizzato nella giusta prospettiva. L’ex informatico, dopo aver abbandonato la società per obiezione di coscienza, ha collaborato nelle inchieste del britannico Observer e del New York Times, svelando come la società - che al tempo portava il nome di SCL - abbia convinto il conservatore Robert Mercer e l’ideologo Steve Bannon ad investire milioni di dollari nella creazione di una piattaforma che analizzasse l’elettorato non solo tramite i consumi, bensì anche mediante la delineazione di un profilo emerso tramite uno Spionaggio illegale.
La difesa di Facebook
Facebook ancora una volta si dichiara innocente, proclamanadosi basita per quanto emerso dalle indagini e assicurando ripercussioni nei confronti della Cambridge Analytica. La società di Zuckerberg condanna l’uso abusivo della propria piattaforma, malgrado in passato abbia stigmatizzato i primi segnali minimizzando le accuse di manovramento illecito di Trump nelle presidenziali del 2016.