E’ sabato 10 Marzo 2018 quando, in Francia, vicino alla città di Briancon, una guida alpina decide e capisce che la sua vita è meno importante di quella di una famiglia di migranti nigeriana. L’eroe francese si chiama Benoit Ducos e con il suo gesto altruista è riuscito a salvare la vita al gruppo composto da 4 (ancora per poco) membri.
L’attivista d’oltralpe, volontario del gruppo “Tous Migrants”, opera sulle Alpi francesi da diversi mesi insieme ai compagni per non permettere che, coloro che si avventurano nell’impresa di superare il valico montuoso, perdano la vita.
Infatti sono sempre più gli immigrati che dal territorio italiano cercano di raggiungere quello francese rischiando tutto.
Ducos, dunque, quando avvista il gruppetto di uomini arrancare nella neve, sul Monginevro, non consulta i compagni di “missione” ma corre alla propria automobile e si dirige verso i migranti. La situazione pare, fin da subito, complessa: la donna è incinta e rischia di perdere la vita; il padre e gli altri due figli (di 2 e 4 anni) sono allo stremo delle forze.
La guida, quindi, decide immediatamente di recarsi al vicino ospedale di Briancon poiché la madre del gruppo sta iniziando la fase del travaglio e le servono urgentemente delle cure mediche. Arrivati però alle porte della città, un veicolo della Gendarmerie francese li blocca e non vuole rilasciare nemmeno Marcela (la donna) poiché clandestina.
Fortunatamente, dopo attimi di panico, l’arrivo di un’ambulanza ha reso possibile il salvataggio della madre nigeriana che, giunta nella struttura ospedaliera, ha dato alla luce il piccolo figlio Daniel. Se, dunque, per il gruppo di immigrati si può affermare che la storia abbia un “lieto fine”, lo stesso non si può dichiarare per Ducos che, mercoledì 14 Marzo, ha ricevuto il richiamo della magistratura francese con l’accusa di “traffico di uomini”: ora il rischio è di 5 anni di carcere.
L’assurdità dell’evento e i risvolti della vicenda incriminata
Sull’accaduto è intervenuta Sophie Ducos, la moglie della guida alpina, accusando una delle poliziotte che ha fermato il marito. Secondo la sua opinione, infatti, è stato un gesto disumano e ai limiti del tollerabile poiché sapendo cosa si possa provare quando si è in stato di travaglio, non solo non ha aiutato il trasporto in ospedale ma si è anche intromessa e ne ha bloccato la riuscita.
Da un lato dunque bisognerebbe analizzare a fondo la motivazione che ha spinto questi ufficiali di polizia a bloccare un trasporto così delicato, che altrimenti avrebbe causato due vittime innocenti, ma dall’altro possiamo immedesimarci nel corpo della Gendarmerie, capendo le motivazioni del gesto.
Ducos, infatti, è un attivista che opera in questo campo da tempo e, per questo motivo, ne conosce ogni sfaccettatura: restrizioni, leggi che riguardano i migranti, obblighi da rispettare e azioni illecite e contro la giurisdizione. Infatti, se portare aiuto ad un migrante non è un reato perseguibile, lo è caricarlo e trasportarlo entro i confini francesi. Questo è infatti punibile con 5 anni di carcere ed è, per la legge transalpina, “traffico di esseri umani”.
Indubbiamente l’opera è stata compiuta con un fine elogiabile e con l’intento di salvare delle vite umane, non certo quello di effettuare un traffico di uomini. Sicuramente Ducos ha operato da eroe e da salvatore: senza di lui sarebbero decedute due persone che avevano la sola colpa di voler ricostruirsi una vita in un paese con delle condizioni di vita stabili. Certo è, però, che la Gendarmerie non può essere biasimata poiché, in un periodo così delicato, per un’azione del genere è giusto che sia stato fatto un controllo.
La speranza è che il gesto possa essere rivalutato sotto una luce più “umana” e più “benevola” cosa che garantirebbe la caduta dell’accusa e, inoltre, l’augurio è che un clima così teso e delicato non sfavorisca coloro che, animati da una benevolenza inaudita, compiono degli atti umanitari di così grande importanza.