Otto persone in manette per la tragedia di piazza San Carlo, a Torino, durante la finale di Champions League del 3 giugno 2017 tra Juventus e Real Madrid. La pista che gli investigatori avevano individuato già un mese fa, dunque, è quella giusta. Gli otto arrestati, servendosi di spray urticante, cercarono di compiere una rapina, scatenando però il panico che è costato la vita a una persona e che ha visto più di mille feriti.
Gli otto, alcuni italiani e alcuni extracomunitari, avevano già operato allo stesso modo precedentemente. Le indagini sono coordinate dal procuratore Armando Spataro, i pm all'opera sono Antonio Rinaudo e Vincenzo Pacileo.
Sarebbero finalmente venuti a capo di un atto che ha trasformato quella che doveva essere una serata di festa in una strage sfiorata, quando si è pensato a un attentato e c'è stato il fuggi-fuggi generale, a partita ancora in corso.
Le intercettazioni telefoniche
Decisive nell'inchiesta sono state le intercettazioni telefoniche, utilizzate però per un'altra indagine in cui lo stesso gruppo discuteva di una collana, dal valore di varie centinaia di euro, rubata proprio in piazza San Carlo. I complimenti agli investigatori torinesi sono arrivati da Francesco Saluzzo, procuratore generale del Piemonte, che ha parlato di un lavoro straordinario. Complimenti in particolare al questore Francesco Messina e con i colleghi della Procura presso il tribunale.
Nonostante la buona riuscita dell'indagine, i parenti dell'unica vittima di quella nottata folle - Erika Pioletti - non si danno pace. Gli arresti, dice lo zio Angelo Rossi, non riportano indietro la nipote. Erika, 38 anni, quella sera era anche lei in piazza, a Torino, per vedere Juventus-Real Madrid, partita che si stava giocando a Cardiff.
Lo zio di Erika ha fatto sapere che, nel prossimo mese di giugno - a un anno dai fatti - sarà a Torino insieme ai genitori della ragazza per la posa di una targa ricordo.
Al termine della fuga generale, si contarono - oltre al morto - anche 1.526 persone ferite. Tra loro, ferita in modo grave, un'altra donna, Marisa Amato. Erika, invece, non ce la fece dopo ben 12 giorni di agonia.
Il gruppo autore della tentata rapina aveva agito nello stesso identico modo durante altri raduni pubblici. Creavano il panico con lo spray, poi agivano quasi indisturbati portando via borse, borsette e altri oggetti di valore delle vittime, intente a capire cosa stava accadendo.