Un quarto dell'organo, per la precisione il lobo sinistro: un dono d'amore ineguagliabile che dura per sempre. Un padre generoso ha salvato la vita del figlio neonato, purtroppo colpito da una malattia di origine sconosciuta che si accanisce sui bambini piccolissimi. Gli ha donato un pezzo di fegato grazie a un trapianto 'da vivente'. Un 'regalo' che li ha uniti ben oltre il normale legame tra un genitore e il suo bambino e che scandirà la vita del piccolo ora che il futuro è aperto. Il trapianto è stato effettuato con successo al Centro di chirurgia epatobiliare e trapianti di fegato dell'Azienda ospedaliera universitaria di padova.

Trapianto di fegato da vivente

Il bimbo di neanche un anno d'età, era sofferente, malato, rischiava la vita per un'atresia biliare, urgeva un trapianto. Ma in tempi brevi non era disponibile un organo compatibile. Non restava che una soluzione: effettuare un trapianto epatico da un donatore vivente che in genere è il padre o la madre del bambino candidato al trapianto di fegato al quale il genitore dona una parte del suo organo, o altrimenti un parente maggiorenne. I genitori del bambino hanno subito accettato di buon grado l'idea. Ma la mamma ha già un altro figlio piccolo di cui occuparsi. La scelta dei sanitari, forti di una particolare autorizzazione da parte del ministero della Salute, è dunque caduta sul papà che ha dato subito piena disponibilità.

L'intervento fatto dall'equipe dell'Azienda ospedaliera universitaria di Padova diretta dal professor Umberto Cillo, è perfettamente riuscito. Il bambino che pesa dieci chili ha ricevuto un quarto dell'organo del padre, precisamente la parte sinistra ed è stato così salvato.

Atresia biliare, raro 'difetto' neonatale

Il piccolo ora salvo, soffriva di un'atresia biliare: si tratta di un difetto raro, non ereditario, di origine sconosciuta che si manifesta in periodo neonatale, provoca danno infiammatorio dei dotti biliari intra ed extraepatici, con sclerosi e restringimento o addirittura occlusione.

Può portare alla cirrosi epatica e alla morte nel primo anno di vita se non trattato con intervento chirurgico o trapianto di fegato. Per arrivare all'obiettivo, il papà è rimasto ricoverato una settimana nella struttura ospedaliera, il bambino anche di più. L'equipe del Centro di chirurgia epatobiliare e trapianti di fegato dell'Azienda ospedaliera universitaria di Padova che ha effettuato l'intervento ha fatto sapere che sia il donatore che il figlio ricevente stanno bene.

Ora questo bambino, una volta superato il decorso post-operatorio, potrà avere una vita normale. Come precisato dal professor Marco Spada dell'ospedale Bambin Gesù di Roma, i bambini trapiantati crescono regolarmente e possono riprendere le normali attività quotidiane: andare a scuola, fare sport, avere una vita sociale e una volta diventati adulti, avere una famiglia. "Numerosi pazienti sottoposti a trapianto di fegato in età pediatrica, una volta diventati adulti, si sono sposati, hanno avuto figli e svolto le più svariate attività lavorative", sottolinea Spada. Mentre il fegato dell'adulto che ne ha donato un pezzo, ha la capacità di rigenerarsi e di mantenere una normale funzionalità, senza condizionare la sua vita futura.

Il precedente nel 1997

A Padova un trapianto da un donatore vivente non si faceva da vent'anni. L'ultimo era stato fatto nel 1997. Allora un padre, un ferroviere croato, donò parte del suo fegato al figlio che era malato di tumore salvandolo. La storia a tal punto commosse il mondo che il pontefice dell'epoca, papa Wojtyła, dopo esserne venuto a conoscenza, volle ricevere in udienza il ragazzo salvato. Due mesi fa il professor Cillo ha fatto un trapianto a un ragazzino di 12 anni grazie al fegato di un bambino morto a soli quattro anni in tragiche circostanze.