Un corpo esala l’ultimo respiro dopo un volo dal quarto piano; sullo sfondo un’inchiesta pesante; un telefono riporta una chiamata sospetta. Sono questi gli elementi che tessono il reticolo in cui è incastonato il mistero di Maksim Borodin, 32enne giornalista d’inchiesta, morto in ospedale domenica mattina dopo il volo dal quarto piano del palazzo in cui risiedeva. Dopo tre giorni d’agonia si sono spente le ultime speranze, mentre si riaccende l’ipotesi dell’ennesimo assassinio di un reporter scomodo in Russia. Riavvolgendo il nastro, ci si trova in presenza di un caso assai frequente nelle cronache locali: un suicidio o un tragico incidente sono le ipotesi seguite dagli inquirenti sul caso Borodin, precipitato dal quarto piano della sua abitazione situata a Ekaterinburg e morto in ospedale nei giorni seguenti.

Durante il sopralluogo, la porta di casa è stata trovata regolarmente chiusa dall’interno e senza alcun segno di effrazione, elementi che canalizzano l’accaduto verso il suicidio, secondo la polizia russa, o verso un tragico incidente dettato dalla ringhiera estremamente bassa che avrebbe teso uno scherzo fatale al giovane intento a fumare una sigaretta. A sostenere quest’ultima tesi è Polina Rumjanseva, direttrice della testata online Novij Den per cui lavorava Maksim, la quale evidenzia l’irragionevolezza di un gesto così estremo alle porte del trasferimento a Mosca in vista delle sue nozze. Ipotesi accreditata anche dalla mancata ristrutturazione del balcone e dai vistosi scarti edili che potrebbero essere le concause.

Sono eventualità razionalmente accettabili, ma in questo caso ci sono elementi aggiuntivi che complicano il quadro, problematizzando l’accaduto e incanalandolo nella direzione di una potenziale repressione. L’elemento chiave è il giallo di una chiamata rivolta all’amico Vyacheslav Bashkov, effettuata alle 5 del mattino della vigilia della misteriosa caduta, nella quale un Maksim notevolmente agitato denuncia la presenza di alcuni ‘uomini armati sul balcone’ e ‘persone in mimetica e a volto coperto sulle scale’.

Egli temeva una irruzione nella sua abitazione. "Aveva perciò bisogno di un avvocato, per questo mi aveva chiamato", ha detto Bashkov; a chiamata terminata, dopo qualche minuto, ricontatta l’amico affermando che si era trattato di una esercitazione nella sua zona.

È una versione ragionevole? Chi erano in realtà quegli uomini?

Questi sono solo alcuni degli interrogativi che attorniano un episodio controverso, caratterizzato da un volo dal quarto piano, da una chiamata sospetta, da un’inchiesta pesante, forse troppo pesante. Un’inchiesta che non rende orgoglioso lo Stato e che lascia altrettanti dubbi, tanti quante le difficoltà che incorrerebbe la ricerca di una verità qualora la Russia avesse intenzione di insabbiare il caso.

La Russia repressiva e l’ombra di Foucault: sorvegliare e punire

Il caso su cui indagava Maksim Borodin ha un peso specifico di una certa entità: trattasi delle morti fantasma che accomunano numerosi mercenari russi descritte analiticamente all’interno di una serie di inchieste pubblicate in questi mesi.

Una in particolare faceva riferimento all’attacco di Deir er-Zor, verificatosi il 7 febbraio scorso, operato dai jet Usa impegnati nella creazione di una linea pro-Assad pronta ad attaccare una base curda.

Le analisi svolte hanno rinvenuto l’utilizzo di contractor da parte dei russi che presentano sul territorio mercenari sotto la denominazione di ‘Gruppo Wagner’, finalizzato alla presenza di un contingente sostanzioso in Siria e limitando d’altra parte il numero ufficiale dei caduti. Sul gruppo si staglia l’ombra dello ‘chef di Putin’, Evgenij Prigozhin, noto imprenditore del settore ristorazione nonché assiduo frequentatore del Cremlino, già accusato in passato di essere a capo della fabbrica dei Troll, una invenzione propagandistica con cui si pagavano i ragazzi per postare ripetutamente sui social commenti filo-Cremlino.

Il caso Borodin si inserisce di diritto nella lista nera contenente i nomi dei giovani giornalisti uccisi in Russia, nazione in cui lo svolgimento di questa professione è ostacolato e represso da condizioni socio-politiche avverse. La Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ), ha realizzato una serie di indagini volte a provare una partecipazione di fattori esterni legati a morti sospette e spesso ricollegate ad episodi suicidi o per cause ignote, episodi che s’aggiungono ai casi di morti-fantasma, giornalisti mai rinvenuti, stessa fine ignota riservata ai mercenari in Siria.

I fili che intrecciano il tessuto emergente, ricongiungono questi episodi con la logica emersa in 'Sorvegliare e Punire', manifesto intellettuale della ricerca sul potere svolta dal filosofo e sociologo francese Foucault: un potere che crea il sapere, impartisce un proprio ordine e segna un continuum del carcere applicato anche alla dimensione sociale quotidiana, organizzata sulla metafora del ‘panopticon’, struttura detentiva circolare caratterizzata dalla presenza di una torre centrale in cui si situa il controllore.

L’osservatore ha dunque la possibilità di controllare ogni comportamento dei detenuti, dettando un’uniformità frutto di una paura repressiva per un ordine gerarchico specchio del potere politico coercitivo. La disciplina non consente una difformità dal modello, previa sanzione. In quest’atmosfera tetra si aggira anche lo spettro di Borodin, ennesimo mistero che delinea il potenziale volto di un potere abile nel ‘sorvegliare e punire’, malgrado le indagini siano ancora all’inizio prospettando una lunga attesa, un’attesa infinita, come molte altre negli ultimi anni.