Stati Uniti e Russia ai ferri corti. La riunione del Consiglio di sicurezza dell'ONU in seguito al nuovo, presunto attacco chimico delle forze governative siriane nella città di Douma è stata teatro di un violento scontro verbale tra i rappresentanti di Washington e Mosca. La situazione tra le due superpotenze torna tesissima: il Cremlino difende a spada tratta Damasco accusando l'occidente di 'fake news'. Donald Trump non vuole sentir ragioni, ha promesso una risposta statunitense in meno di 24-48 ore. Sull'altro fronte, il ministero degli esteri russo minaccia "gravi ripercussioni in caso di attacco".

Così la nuova Guerra Fredda ormai in atto tra Stati Uniti e Russia tocca probabilmente il suo punto più caldo: inutile dire che le conseguenze sono attualmente imprevedibili.

Mosca: 'Sono soltanto fake news'

In passato, pur tutelando sempre il fedele alleato siriano, il Cremlino aveva mantenuto un atteggiamento cauto ed aveva evitato lo scontro frontale con Washington. Ora però il rappresentante russo alle Nazioni Unite non ha dubbi e lo ha ribadito dinanzi al Consiglio di sicurezza. "Tutte le notizie relative a questo attacco sono false - ha detto l'ambasciatore Vasily Nebenzya - e vogliono solo distogliere la comunità internazionale dall'attenzione sul caso Skripal". I rapporti tra la Russia e l'Occidente in effetti sono già 'elettrici' dopo le ripercussioni diplomatiche seguite al caso dell'avvelenamento dell'ex spia sovietica.

Motivo per cui, è il parere di Nebenzya, "Stati Uniti, Francia e Regno Unito stanno mettendo in atto una politica di scontro contro Russia e Siria. Vi sfido - ha aggiunto - a far volare a Damasco gli ispettori dell'Opac (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche), per svolgere le indagini sul luogo del presunto attacco, sotto la scorta dei militari russi e siriani".

Nikki Haley: 'Risponderemo, con o senza l'ONU'

A quel punto la tigre americana ha avuto il volto e le parole della 'iron lady', Nikki Haley. "Avete sulle vostre mani il sangue dei bambini siriani - ha detto, rivolta all'ambasciatore di Mosca - e, per quanto ci riguarda, noi interverremo con o senza il parere favorevole di questo Consiglio di sicurezza".

Non è la prima volta che la Haley si spinge ben oltre la misura con le sue dichiarazioni, basti pensare alla crisi coreana o al dibattito relativo al riconoscimento di Gerusalemme capitale d'Israele, poi bocciato dall'assemblea ONU. Resta da capire quanto, in effetti, gli americani siano davvero pronti ad intervenire in Siria. Alla luce di ciò che accadde lo scorso anno dopo il presunto attacco chimico di Khan Sheikhun, le forze militari a stelle e strisce ci metterebbero davvero poco ad attuare un raid. Nella circostanza suddetta, poco più di 60 ore dopo i fatti di Khan Sheikhun, 59 missili Tomahawk furono lanciati sulla base aerea siriana di al-Shayrat. La Russia nella circostanza, dopo aver protestato contro l'attacco, promise che alla replica di una tale azione sarebbe seguita una risposta militare.

'Provocazione dei ribelli, pretesto americano'

Sulla questione è intervenuto il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov. "I nostri esperti militari non hanno trovato alcuna traccia di cloro sul luogo del presunto attacco a Douma. Siamo convinti si tratti di una provocazione dei ribelli per addossare la colpa al governo siriano ed ai suoi alleati". La città, in effetti, è la roccaforte di una delle ultime sacche di resistenza delle milizie ribelli di ispirazione jihadista (i guerriglieri di Jaish al-Islam). Secondo le fonti dell'Osservatorio siriano dei diritti umani le vittime tra i civili sarebbero un centinaio. Lavrov però è andato ben oltre. "Gli Stati Uniti hanno annunciato che lasceranno la Siria, ma stanno prendendo misure per non farlo e stabilire un punto d'appoggio a lungo termine".

Da qui la velata minaccia in caso di raid militari. "Noi - ha aggiunto - abbiamo obblighi nei confronti di Damasco basati sul nostro accordo con il legittimo governo della Siria, stato membro dell'ONU".

L'attacco alla base siriana: responsabilità israeliana?

Nelle scorse ore l'agenzia SANA, principale organo di comunicazione del governo guidato da Bashar al-Assad, ha reso noto un attacco che ha colpito una base siriana ad Homs. Damasco ha puntato il dito contro gli Stati Uniti che hanno però negato qualunque responsabilità. Secondo il parere di Russia ed Iran, la responsabilità di questo attacco è probabilmente israeliana: Tel Aviv non ha confermato questa tesi, Lavrov ha chiuso il suo discorso definendo "ormai troppo pericolosa questa situazione, soprattutto perché vengono fuori attori che nessuno ha invitato".

Cosa potrebbe accadere

Alla luce di una situazione che rischia di degenerare, Vladimir Putin ha voluto 'tastare il terreno'. Il presidente russo ha chiamato telefonicamente la cancelliera tedesca Angela Merkel, definendo le accuse "inammissibili", ma i leader occidentali sembrano seguire comunque la linea di Washington. "La Russia si è fatta garante della rimozione totale delle armi chimiche dal territorio siriano - ha detto il segretario americano della Difesa, James Mattis - che invece continuano ad essere utilizzate. Mosca ci deve spiegazioni". I portavoce della Casa Bianca in tal senso ci vanno giù molto pesante: "La Russia ha tradito i suoi impegni". I responsabili alla comunicazione di Trump hanno ribadito che "il presidente intende ritirare le truppe dalla Siria, ma lo farà solo nel momento in cui sarà certo che non saranno più usate armi proibite contro la popolazione".

Nel mirino della Casa Bianca, dunque, c'è un triplice obiettivo: Russia, Iran e Siria. Washington potrebbe decidere di rafforzare le sanzioni contro Mosca e di farne scattare di nuove contro l'Iran che porterebbero inevitabilmente al naufragio dell'accordo sul nucleare. Contro Damasco non è escluso un raid punitivo e, se consideriamo che attualmente due cacciatorpediniere americane stazionano nel Mediterraneo, un attacco missilistico verso obiettivi militari siriani potrebbe essere approntato in poche ore. L'azione potrebbe essere supportata dalla Francia alla luce dell'intesa raggiunta telefonicamente tra Donald Trump ed il capo dell'Eliseo, Emmanuel Macron. Se ciò accade, non è da escludere una replica russa tutt'altro che virtuale. Dunque le due superpotenze rischiano lo scontro aperto in Siria? Non possiamo escludere nemmeno quello.