Era la mattina della domenica di Pasqua. Al Roxy bar entrano due signori che tutti riconoscono, appartengono al clan dei Casamonica. Saltano la fila e rimproverano il barista per non averli serviti non appena entrati. Una ragazza che avevano sorpassato dice allora che, se il servizio non li soddisfaceva, sarebbero potuti andare da qualche altra parte.

L'atto di violenza

I due di tutta risposta decidono di massacrarla. Da prima umiliandola, prendendola in giro come una bambina, poi, noncuranti neanche della sua condizione di disabilità, cominciano a frustarla con una cintura e a prenderla a pugni sotto gli occhi degli undici presenti che rimangono fermi.

Mentre la ragazza è a terra, uno dei due grida: "Se chiami la polizia sei morta, e vale per tutti i presenti". I due se ne vanno e il padrone del locale soccorre la ragazza - "ti conviene allontanarti, torneranno presto" - aveva ragione. Eccoli infatti, dopo mezz'ora, Alfredo Di Silvio e suo fratello Vincenzo entrano nel locale, fracassano la vetrina, pestano il proprietario e ribadiscono "qui comandiamo noi". Proviamo ad immaginare una persona malvagia. Vediamo la società come il massimo bene che storicamente, come comunità, possiamo proporzionalmente offrire a qualcuno al di là dei trascorsi individuali dei singoli. Un malvagio allora, almeno secondo la nostra prospettiva di comunità, sarà un qualcuno che mira ad intaccare in un modo o nell'altro quest'offerta di bene.

Si tratta di crudeltà o malvagità?

A una persona malvagia allora deve essere legata un'idea, una credenza, un'ideologia che permetta di generalizzare il proprio atto come "azione di malvagità". Quest'idea, credenza, ideologia a sua volta farà da specchio a ragionamenti, che riportano ad esperienze, che riportano a ricordi, che riportano a persone che, prima o poi, riportano alla società.

Il malvagio quindi, per quanto in errore, nel suo agire parla un linguaggio comune a tutti, il linguaggio della vita comunitaria, il linguaggio della società. La persona crudele invece no. La persona crudele, che può anche non essere malvagia, magari anche per pochi attimi, parla un linguaggio privato, perverso e distorto. Fatti di questo genere, più che la testa, colpiscono la pancia.

Ed è giusto cosi, poiché parlano una lingua che non è nostra. Senza parole per controbattere, ci rimangono solo rabbia e tristezza. È però nostro compito razionalizzare questo linguaggio, tradurlo nel nostro e agire di conseguenza, condannando questi fatti nella nostra lingua, in modo che tutti possano comprendere.