In tutta Italia, più di 70mila studenti hanno partecipato alle iniziative - cortei, dibattiti, spettacoli e concerti - di #PalermochiamaItalia, promosse dal ministero dell’Istruzione e dalla Fondazione Falcone, nel giorno in cui, ventisei anni fa, persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, insieme a tre agenti della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo.

La nave della legalità

Molti studenti non sono siciliani. Sono arrivati a Palermo in mattinata con la nave della legalità, salpata il 22 sera dal porto di Civitavecchia, alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, fratello di una vittima della mafia: Cosa Nostra uccise suo fratello, Piersanti, nel 1980, quando era presidente della regione Sicilia.

A bordo della nave c’era anche un “passeggero speciale”, il docente universitario di Sociologia della criminalità organizzata, insieme a cinquanta allievi, Nando Dalla Chiesa, figlio secondogenito del generale Carlo Alberto, ucciso in un attentato mafioso il 3 settembre 1982.

Il corteo

“La mafia uccide, il silenzio pure”, "Insieme per non dimenticare”, “Non li avete uccisi, le loro idee camminano sulle nostre gambe”, sono alcuni degli striscioni dei cortei, uno partito da via d’Amelio e l’atro dall’aula bunker del carcere Ucciardone, dove si svolse il Maxiprocesso. Sulle note della colonna sonora del film “I cento passi”, ispirato alla lotta di Peppino Impastato, ucciso il 9 maggio 1978, e a canzoni come quella di Fabrizio Moro “Pensa”, i due cortei si riuniscono in via Notarbartolo, luogo in cui abitavano i coniugi Falcone, dove è stato intitolato un albero al magistrato, diventato negli anni un vero e proprio luogo della memoria.

Sono le 17.58, orario in cui si compì la Strage di Capaci. Scatta così il minuto di silenzio in ricordo di Giovanni, Francesca, e dei tre agenti della scorta, ma la mente corre e si pensa a tutte le vittime della mafia come Paolo Borsellino, ucciso a soli cinquantasette giorni di distanza dall’amico e collega. Ucciso perché, come Giovanni, e tutti gli altri assassinati dalla mafia, dedito ad alti ideali di giustizia.

"La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni".