Ennesima storia di malasanità in Italia. Una 78enne di Milano, dopo tante battaglie giudiziarie, ha ottenuto un risarcimento di 200mila euro per un frammento di ago, dimenticato nel suo addome. L'errore venne commesso dai sanitari dell'Istituto per la maternità (struttura sanitaria che oggi non esiste più) nel lontano 1962. All'epoca la signora aveva 22 anni. Il riconoscimento del danno subito, dunque, è avvenuto dopo 56 anni. Un dettaglio sconcertante di questa storia è che nella cartella sanitaria della signora c'era un chiaro accenno alla disattenzione ma nessuno se n'era preoccupato.

Sono stati i giudici, però, a scoprire la disattenzione del personale giudiziario, durante il processo. Per circa 40 anni, la donna milanese ha dovuto sopportare dolori lancinanti. Nonostante le fitte continue, però, è riuscita a dare alla luce due figli.

I legali dell'ex Provincia puntavano alla prescrizione del caso

Il pezzetto di ago nell'addome è stato scoperto nel 2000, in occasione di un esame approfondito. La signora, allora, decise immediatamente di adire le vie legali. Dopo un iter giudiziario lunghissimo, e numerosi ribaltoni amministrativi e burocratici, l'anziana è riuscita ad ottenere un cospicuo risarcimento. I magistrati hanno appurato che il processo poteva partire proprio nel 2000 (anno in cui la paziente aveva appreso di avere l'oggetto metallico nell'addome), quindi è stata evitata la prescrizione.

L'anziana potrà disporre di una somma ingente ma non potrà dimenticare mai quando, nel 1962, venne sottoposta a un intervento chirurgico di routine.

Quel frammento di metallo dimenticato nell'addome ha provocato continue sofferenze alla donna di Milano, che è dovuta ricorrere spesso a cure antibiotiche. I chirurghi si resero conto dell'errore ma fecero finta di niente, convinti che la loro incuria non sarebbe mai scoperta.

Sbagliavano. Alla fine, i giudici della Suprema Corte hanno dato ragione alla paziente. L'ospedale dove venne operata l'anziana è diventato un presidio sanitario associato al Fatebenefratelli di Milano. Tanti cambiamenti amministrativi e burocratici hanno ostacolato il cammino della signora e del suo avvocato, Giovanni Reho, verso il riconoscimento dell'indennizzo.

Il legale è riuscito a reperire dagli archivi la cartella clinica della sua assistita e, quindi, a far comprendere ai giudici che i chirurghi erano al corrente dell'errore.

Corte d'Appello di Milano aveva ribaltato la sentenza di primo grado

I giudici di primo grado, nel 2009, avevano accolto la tesi degli avvocati della Provincia, ovvero che il caso fosse ormai prescritto. Il verdetto di primo grado, poi, venne ribaltato in Appello. I giudici di secondo grado avevano sottolineato che la signora si era accorta dell'errore sanitario solamente nel 2000 e nel 2004 ha "conosciuto la condotta illecita che di quel danno alla Salute costituisce causa efficiente". In Appello i giudici avevano demonizzato l'atteggiamento dei chirurghi dell'Istituto della maternità, perché non solo non avevano rimosso il frammento di ago dall'addome della signora, ma non gliene avevano mai dato contezza.