Lunedì mattina, intorno alle ore 12, in un istituto superiore di Parma, uno studente 19enne avrebbe immobilizzato e palpeggiato una ragazza in presenza di altri compagni di classe. La giovane, dopo aver subito violenza, ha denunciato l'accaduto alla preside e ai carabinieri.
La dinamica dei fatti: la violenza
Secondo quanto riportato dall'Ansa, la violenza si sarebbe consumata alle ore 12 in un'aula, in quel momento vuota, dell'istituto superiore Bodoni. Il giovane, di origine straniera, avrebbe dapprima sottratto il telefono alla ragazza, e successivamente l'avrebbe immobilizzata e violentata.
Dopo circa venti minuti, durante i quali gli altri compagni di classe avrebbero assistito all'abuso senza fare nulla, il ragazzo l’avrebbe liberata e si sarebbe allontanato.
La preside, dopo aver appreso quanto accaduto, si è detta "allibita", e ha dichiarato che si sta facendo tutto il possibile per ricostruire con esattezza i fatti, grazie alle testimonianze raccolte dai carabinieri. La dirigente scolastica ha anche annunciato che verranno presi al più presto i provvedimenti necessari sia per l'esecutore dell'atto, sia per i ragazzi che non sono intervenuti.
La preside, inoltre, ha ricordato che nella scuola, in questi anni, è stata portata avanti costantemente una grande attività di contrasto alla violenza sulle donne che prevedeva, tra i vari appuntamenti, un incontro con Lucia Annibali, ex avvocato e deputata del PD, che nel 2013 è stata sfregiata con l'acido da due uomini mandati dall'ex fidanzato.
I meccanismi psicologici dell'aggressore
Esistono diversi modelli sviluppati per descrivere il profilo psicologico di un aggressore sessuale. Uno dei più accreditati è denominato "modello della socializzazione", secondo cui nella mente del responsabile di un abuso vengono distorti gli schemi socializzati dei ruoli dell'uomo e della donna.
Seguendo questa teoria, la violenza è legata alla differenza di potere tra uomo e donna nella società, che spingerebbe l'aggressore a sentirsi quasi "in dovere" di decidere della volontà della donna oggetto dei suoi desideri. Questa tendenza, unita al bisogno maschile di esercitare il proprio potere, sfocia in un'aggressione violenta in individui caratterizzati da incapacità di comunicazione con l'altro sesso e misoginia.
Altri ricercatori, invece, hanno integrato questo modello con la teoria secondo cui le violenze sono spesso frutto di una misinterpretazione dei comportamenti della donna. In altre parole, nella mente di alcuni individui, gli schemi cognitivi atti alla comprensione di segnali amichevoli si sovrappongono a schemi cognitivi sessuali, rendendo la persona incapace di riconoscere le differenze tra comportamento amichevole e coinvolgimento fisico.
Ovviamente, questi studi non sono applicabili a tutti gli uomini - altrimenti chiunque potrebbe essere un potenziale aggressore - ma solo ad individui con particolari attitudini e tendenze comportamentali dovute a credenze o insegnamenti dati, durante l'infanzia, da modelli adulti.