Il governo austriaco ha predisposto la chiusura di ben sette moschee di Vienna, e avrebbe intenzione di espellere alcuni imam che sarebbero stati sovvenzionati da altri Paesi. Al contempo, circa 40 capi religiosi appartenenti alla Atib (Unione turco-islamica per la collaborazione culturale e sociale in Austria) potrebbero perdere i rispettivi permessi di soggiorno.

Sebastian Kurz, leader del Partito Popolare Austriaco, e Herbert Kickl, ministro degli Interni, hanno spiegato che non ci sarebbero motivazioni razziali o religiosi dietro queste decisioni, bensì la violazione di una disposizione legislativa del 2015 sull'Islam, che vieta alle comunità religiose di ricevere finanziamenti esteri.

Il caso della rievocazione della battaglia di Gallipoli

I problemi tra il governo di Vienna e la comunità islamica locale erano già emersi ad aprile, quando erano stati diffusi alcuni video e foto riguardanti una recita di bambini all'interno di una delle moschee gestite dall'Atib. La rappresentazione scenica, infatti, era una rievocazione storica della celebre e lunga battaglia di Gallipoli, avvenuta nel pieno della prima guerra mondiale, e divenuta famosa come una delle peggiori sconfitte militari della Triplice Intesa, durante la quale persero la vita oltre 130mila soldati.

Nel corso della celebrazione, diversi bambini e bambine avevano indossato uniformi militari, o avevano interpretato le donne che salutavano i rispettivi mariti, figli e compagni che le stavano lasciando per andare in battaglia.

Altri, invece, avevano finto di essere morti, sdraiati a terra e coperti dalla bandiera turca. Numerosi erano stati i filmati e le immagini diffusi sul web, riportati anche da giornali e riviste. Nonostante la presa di distanza da parte dell’Unione islamico-turca d'Austria, non si riuscì ad evitare polemiche e accuse reciproche.

Le reazioni di Turchia e Italia

La decisione di chiudere ben sette moschee non è affatto piaciuta al governo turco, che fin da subito ha espresso la sua disapprovazione ed il suo sconcerto, parlando non solo di violazione dei fondamenti della legalità internazionale, ma anche di negazione delle politiche di integrazione in una società multietnica e dei diritti delle minoranze etniche.

Ibrahim Kalin, portavoce del presidente turco Erdogan, ha parlato di normalizzazione di islamofobia e razzismo, una pericolosa tendenza che, a suo avviso, si starebbe diffondendo in Austria. Inoltre ha puntato il dito verso il governo, sostenendo che punterebbe a trarre vantaggi in campo politico attaccando le comunità musulmane.

Di opinione differente sembra, invece, il neo ministro degli Interni italiano Matteo Salvini, il quale ha auspicato un incontro con il corrispettivo austriaco per confrontarsi sulle strategie da mettere in atto. In un tweet, il leader leghista si è detto favorevole alla libertà di culto, specificando però che tutti coloro che utilizzano la propria fede religiosa per mettere a rischio la sicurezza interna, andrebbero subito allontanati.