Giorgia Linardi, volontaria e portavoce della Ong Sea Watch, è stata inviata a partecipare al dibattito sui flussi migratori durante la trasmissione L'Aria Che Tira Estate, in onda su La7. In quanto testimone, in prima persona, dei salvataggi che avvengono nel Mar Mediterraneo e delle condizioni in cui versano i migranti in Libia, non ha potuto non riportare alcune delle tante drammatiche vicende che avvengono sul suolo libico.

Giorgia Linardi: le Ong non promuovono l'immigrazione clandestina

''Questo sistema - inizia Giorgia, riferendosi alle traversate dall'Africa all'Europa - si è creato per la mancanza di vie legali e sicure.

La strategia che l'Europa sta mettendo in atto nel Mediterraneo, che è quella di delegare la responsabilità dei soccorsi alla Guardia Costiera libica permette a trafficanti, mafiosi e scafisti di sfruttare e abusare delle stesse persone più volte. Ci è capitato, in diverse occasioni, di parlare con persone che hanno tentato la traversata due, tre e anche sette volte''. Quando le è stato chiesto se ritenesse vero che la presenza di navi Ong sproni i migranti ad imbarcarsi, la volontaria ha risposto che, in realtà, ''ci sono casi in cui le persone, viste le condizioni in cui versano dopo il viaggio, non vorrebbero imbarcarsi, ma vengono costrette a farlo sotto minaccia di arma da fuoco'', mentre altre si vedono obbligate a farlo perché non hanno altra scelta, non potendo tornare nel loro Paese d'origine.

Ha poi smentito che si possa attribuire i flussi migratori alla presenza delle imbarcazioni da soccorso, domandando ai presenti se sia davvero ''così difficile riuscire ad immaginare che l'immigrazione sia un fenomeno umano e naturale, anziché indotto''. Ciò che Giorgia Linardi conferma, invece, è che ''sicuramente, i patti per la protezione umanitaria si sono ristretti in maniera vertiginosa e che, nel 2015, le Organizzazioni di volontari sono arrivate nel Mediterraneo per sopperire ad un vuoto lasciato dalle istituzioni".

''Le Ong - sottolinea la Linardi - si sono unite a quello che era il grido della Guardia Costiera italiana verso l'Europa, che chiedeva una missione di Search and Rescue, portando anche alla formazione della missione Sophia, Mare sicuro e Trenton". In particolare, l'idea iniziale da cui è nata la Sea Watch, racconta, ''è quella di andare in mare per vedere ciò che sta accadendo e allertare le istituzioni in modo che le persone vengano soccorse.

Non c'è nessun interesse, da parte delle Organizzazioni Non Governative, ad alimentare il flusso migratorio''.

'Le torture subite in Libia sono visibili sui corpi'

Le persone che vengono portate in Libia, spiega la volontaria, ''sono soggette ad un regime di detenzione arbitrario, illimitato e senza diritti''. Medici Senza Frontiere ha visitato alcuni centri di detenzione libici e, in diversi casi, sono state rilevate delle condizioni tali che le persone disponevano appena di 40 cm di spazio ciascuna, non avevano i servizi igienici e, spesso, le donne venivano stuprate. ''E queste cose - riprende la volontaria - le abbiamo viste sui corpi delle persone. I racconti delle torture possono anche essere menzogne, ma non se sono visibili sui corpi.

Abbiamo visto schiene che sembravano uscite da una scena della passione di Cristo. Un ragazzo, che ha raccontato le torture subite, aveva sulla schiena delle cicatrici spesse due dita. Una donna, detenuta in un altro centro, ha raccontato di aver assistito al parto di una sua compagna, e che il cordone ombelicale del neonato è stato tagliato con un pezzo di vetro. Addirittura, c'è stato un caso in cui una donna ha partorito prematuramente a causa delle percosse che ha ricevuto sulla pancia. Nemmeno le donne incinte vengono risparmiate. Quello di cui non ci rendiamo conto è che la parte di migranti che arriva è una scrematura, perché la gran parte di quelli che partono muoiono o nel deserto o in Libia''.