'E' stato un omicidio di Stato'. Con un filo di voce, Roberto Battiloro, padre di Giovanni, uno dei quattro amici morti il 14 agosto nel crollo del ponte di Genova, ha pronunciato parole durissime prima di dare l'ultimo saluto a suo figlio e agli altri ragazzi.

Si sono svolti ieri pomeriggio alle 17 e 30 nella basilica gremita di Santa Croce di Torre del Greco, le esequie di Giovanni Battiloro, 29 anni, Matteo Bertonati, 26, Gerardo Esposito, 26, e Antonio Stanzione, 29, dopo che le famiglie hanno rifiutato i funerali di Stato. Oggi, giornata di lutto nazionale, a Genova ci saranno le esequie solenni solo di alcuni dei morti nel crollo del viadotto, mentre in queste ore è salito a 41 il numero delle vittime: è stata individuata nella notte, completamente schiacciata sotto un blocco di cemento, l'auto di una famiglia che risultava dispersa.

Giovanni, Matteo, Gerardo e Antonio "sono morti per mano dell'uomo". Aspre anche le parole che l'arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, ha pronunciato nella sua omelia.

Funerali di Torre del Greco, la denuncia di un padre

Roberto Battiloro vuole sia resa giustizia ai morti per l'incuria e il disinteresse di uno Stato che non ha garantito la sicurezza dei suoi cittadini. E la scelta di funerali nel luogo dove i ragazzi erano cresciuti, sono stati protetti e amati e in cui ieri i parenti hanno sentito l'abbraccio dell'intera comunità, è la risposta del signor Battiloro alle passerelle pubbliche e a quelle che ha definito 'cerimonie-farsa'.

Ai giornalisti assiepati all'ingresso della basilica, Battiloro ha detto di puntare il dito oltre che contro un destino beffardo, anche contro la negligenza di chi è responsabile.

Ha citato l'inchiesta sulla privatizzazione delle autostrade italiane che nel 2004 aveva realizzato 'Report', l'allora programma di Milena Gabbanelli, reportage già consegnato alla procura della Repubblica per individuare precise responsabilità in una tragedia annunciata.

'Morti per incuria', l'omelia del cardinale di Napoli

Nella sua lunga omelia, ha avuto parole altrettanto dure il cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe. Le vite dei quattro giovani di Torre del Greco sono state spezzate da quel ponte della morte. Vite nel fiore degli anni, gli anni dei sogni, delle aspirazioni, dell'inserimento nella vita civile.

'Perché sono morti?' ha chiesto il religioso certo che tutti abbiamo il sacrosanto diritto di sapere perché.

Non sono stati vittime della natura, di malattie incurabili e tantomeno dell'imprudenza, dal momento che i quattro ragazzi, educati e rispettosi delle regole, viaggiavano prudenti verso un meritato riposo, ha detto Sepe. Tantomeno sono stati vittime del destino. Sono morti per una violenza consumata dalla mano dell'uomo, mossa da propri interessi personali. Deceduti per per negligenza, incuria, irresponsabilità, superficialità, burocratismo, secondo Sepe. Ed ora che le famiglie sono flagellate dal dolore, la morte dei quattro ragazzi deve essere una spinta a un cambiamento improntato a un'etica della responsabilità.

Al termine dell'omelia c'è stato un lungo applauso.

'Non esiste perdono senza giustizia'

"Non esiste perdono senza giustizia", c'era scritto in uno striscione fuori della chiesa. Mentre un'altra scritta 'Di uno Stato strafottente vittime innocenti', era stata rimossa all'arrivo dei carri funebri. All'uscita delle bare palloncini bianchi si sono alzati in cielo. I quattro ragazzi saranno sepolti vicini in nome della grande amicizia che li univa.