Per fortuna le sue grida hanno richiamato l'attenzione di operai al Lavoro ed è stata salvata. E' finita dopo due terribili settimane, la segregazione di una donna 44enne di origine polacca: il suo datore di lavoro e amante l'aveva rinchiusa in un cassone di mele sotto il sole cocente e a temperature proibitive nelle campagne veronesi, in località Sommacampagna.
Un incubo che avrebbe potuto finire male se la donna non fosse stata liberata dalla sua prigionia angusta in condizioni precarie, ma viva. Il suo aguzzino, un imprenditore agricolo 53enne originario di Bolzano, residente in provincia di Verona, è stato arrestato.
Un suo collaboratore, un polacco 32enne, è stato denunciato dai carabinieri in quanto complice: ha aiutato l'uomo a imprigionare la vittima e ha condiviso il segreto.
Rinchiusa in una cassa dopo una violenta lite
La 44enne di Varsavia da anni veniva in Italia durante la stagione estiva per lavorare nei campi e nell'azienda agricola di proprietà dell'imprenditore con cui aveva una relazione burrascosa. Secondo quanto riportato dalle cronache locali, lo scorso 14 agosto tra i due c'è stato un violento scontro.
La donna cercava di difendere sua sorella che pure lavorava per quell'uomo ma veniva sfruttata. Lui l'ha picchiata. La 44enne ha chiamato 118 e carabinieri, è stata medicata, ma ha rifiutato tanto di andare in ospedale quanto in caserma a denunciarlo e di avvalersi dell'aiuto dei militari malgrado ci fossero stati precedenti episodi di violenza.
Quando la polacca è rimasta sola, il 53enne con la complicità del suo lavorante, per 'punirla' l'ha imbavagliata, legata, e portata in un cassone di plastica verde di due metri, di quelli abitualmente usati per contenere le mele raccolte e lì l'ha segregata. Sopra al cassone ne sono stati posizionati altri pieni di frutti, per evitare che potesse tentare la fuga e il tutto è stato ricoperto da un telo di nylon per far sì che nessuno potesse vederla.
Infine, il giorno dopo, quella pila di cassoni è stata portata in un campo in prossimità dell'autostrada dove nessuno avrebbe potuto sentire le sue richieste d'aiuto.
Per due settimane rinchiusa sotto il sole
In quel contenitore posizionato in campagna chissà per quanto tempo sarebbe potuta morire. La donna, rinchiusa in quel cubo profondo poco più di un metro, poteva contare ogni giorno solo su una mela, un po' di cibo, delle bottiglietta d'acqua, un lenzuolo per coprirsi di notte.
In queste condizioni è riuscita a resistere due settimane fino allo scorso martedì quando ha sentito la presenza di persone non distanti. Allora si è messa a gridare e ha richiamato l'attenzione di alcuni giardinieri che stavano tagliando l'erba ai lati dell'autostrada Brescia Padova in prossimità dei filari di mele dove era rinchiusa. Gli operai, dopo essersi resi conto che c'era una persona in una cassa, hanno chiamato le forze dell'ordine.
All'arrivo sul posto, polizia stradale di Verona sud e carabinieri della compagnia di Villafranca hanno trovato la 44enne in una cassa rannicchiata e provata. La donna sotto shock e visibilmente debilitata è stata ricoverata all'ospedale di Villafranca, curata e poi portata in una struttura protetta.
L'uomo, che era sopraggiunto a bordo di un trattore mentre liberavano la 44enne, è stato arrestato e trasferito nel carcere veronese di Montorio con l'accusa di sequestro di persona e tortura.
Interrogato l'aguzzino aveva fatto finta di nulla
A casa dell'uomo sono stati trovati la borsa e il cellulare della polacca. I figli ne avevano denunciato la scomparsa prima in Polonia dove risiedono, poi il 25 agosto in Italia. Dopo la denuncia, il suo carceriere era stato sentito dai carabinieri: aveva finto stupore e preoccupazione, sostenendo di non avere idea di dove potesse essere la donna. E intanto la teneva reclusa.