"Produzione e diffusione di materiale pedopornografico e violenza sessuale su minore". Sono queste le accuse mosse nei confronti di un noto magistrato di origine siciliana, arrestato già nello scorso anno. Negli scorsi giorni l'uomo è stato condannato in via definitiva a sette anni di reclusione dal gup di Messina. I reati contestati al giudice in questione, sono quelli contenuti nell'articolo 600-Ter del Codice Penale il quale condanna appunto chi realizza materiale pedopornografico usando i minorenni.
I fatti
I reati contestati al magistrato risalgono a quando il giudice era in servizio presso la Corte d'Appello di Reggio Calabria, i fatti si sarebbero verificati a Messina (città natale dello stesso).
Secondo l'accusa il magistrato avrebbe ripreso due ragazzine di sedici anni, mentre queste dormivano. Poi avrebbe spogliato una delle due e l'avrebbe toccata. Tutto è stato ripreso con il suo cellulare, il filmato realizzato è stato poi messo su Internet. Secondo quanto si apprende dal quotidiano La Sicilia, nella sua versione on-line, gli investigatori nel suo computer hanno trovato file davvero sconcertanti. La condanna è arrivata nella giornata di mercoledì scorso 10 ottobre. L'indagine che ha portato all'arresto del giudice (in regime di domiciliari) è stata coordinata dal procuratore messinese Maurizio De Lucia, e da quello aggiunto Giovannella Scaminaci.
L'uomo è ora in un centro di cura
Dopo il provvedimento di custodia cautelare nei suoi confronti, l'uomo è stato posto al regime degli arresti domiciliari, ma non nella sua abitazione, ma in un centro di cura per persone affette da disturbi sessuali.
All'uomo è stato sospeso sia lo stipendio, che quindi non riceverà più, e allo stesso tempo rischia di essere radiato per sempre dalla Magistratura.
Sotto questo punto di vista il procedimento disciplinare nei suoi confronti sarebbe stato già avviato, così come si apprende sempre dalla testata giornalistica La Sicilia.
Nell'anno 2009 il magistrato in questione fu anche sanzionato dal Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) perché, in quell'occasione, avrebbe presentato oltre i termini alcuni provvedimenti: ciò gli era costato un'ammonizione.
Mentre nel giugno 2016 nei suoi confronti ci furono aspre polemiche poiché avrebbe preso parte ad una iniziativa della Corte d'Appello mirata a difendere una sua collega. La stessa infatti non avrebbe rispettato i tempi previsti per la redazione della sentenza del processo denominato "Cosa mia", il quale indagava su alcuni clan della criminalità organizzata di Rosarno. In quel caso, i presunti appartenenti al clan furono scarcerati.