Sono sette le persone tratte in arresto dopo l'intervento della Guardia Costiera di Taranto, con l'accusa di furto, ricettazione e di commercio illegale. L'organizzazione criminale rubava cozze dagli allevamenti nel golfo di Taranto, ad alto rischio diossina, e le immetteva nel mercato senza previa depurazione obbligatoria. Inoltre i mitili venivano certificati come depurati, cioè sulla carta non rappresentavano un rischio per la salute mentre, dal momento che sono allevati in un'area fortemente inquinata da diossina, se non sanificati ai trattamenti previsti dalla legge costituiscono un serio pericolo.

Le cozze in questione venivano poi smistate in due centri di raccolta, uno nel tarantino ed uno a Brindisi, per poter essere distribuite in tutto il territorio italiano.

L'allarme diossina e Peacelink

È stata l'associazione eco-pacifista Peacelink a denunciare per prima l'emergenza diossina collegata all'Ilva di Taranto e la conseguente contaminazione dei prodotti provenienti dal mare, tra cui le cozze. Peacelink ha fatto stimare la dose settimanale di tolleranza di diossina, detta Dst, e di Pcb, che è risultata essere di circa 2 picogrammi per chilo di peso corporeo, misura da cui si può calcolare la quantità massima di cozze giornaliere assimilabili al giorno.

Quanta ne tolleriamo?

Secondo i calcoli, un bambino di dieci anni, che pesa in media circa 31/32 chilogrammi, potrebbe mangiare cozze solo se esse presentassero una concentrazione di diossina e policlorobifenili pari a 6,5 picogrammi per grammo di prodotto.

Invece già le cozze del Mar Grande di Taranto, meno esposto al rischio diossina rispetto all'altra zona di mare, il Mar Piccolo, mostrano una concentrazione pari a 4,9 picogrammi per grammo, che le rende quindi commercializzabili. L'Efsa, al contrario, tre giorni fa ha indicato la dose settimanale tollerabile di diossine e Pcb negli alimenti come 2 picogrammi per chilo, valore annunciato da Peacelink di sette volte inferiore a quello riscontrato nella realtà. Dunque una rapido calcolo, 2 pg x 31,5 kg, mostra che un bambino di 10 anni potrebbe tollerare una dose settimanale di 63 pg, che divisa per la quantità trovata nelle cozze del Mar Grande, significa solo 12,8 grammi.

Un sistema ben congegnato

L'organizzazione criminale, oltre a rubare le cozze, provvedeva a sgranare i “pergolati di mitili” per rimuovere la colorazione delle retine associabile ad uno specifico miticoltore, annullandone in questo modo la tracciabilità. Il prodotto veniva poi confezionato e venduto ad “acquirenti di fiducia” che prenotavano telefonicamente le quantità necessarie. Nei centri di smistamento e spedizione, poi, le cozze venivano etichettate come proprie, sanandone la provenienza.