Il dolore, la rabbia, la perdita e il lutto. Sono questi i sentimenti che, probabilmente, hanno portato Donatella Magnini a un lungo sfogo sul gruppo Facebook “Giustizia per le vittime di Corinaldo”. La donna era una madre come tante fino a quando, nella notte dell'8 dicembre scorso, la sua vita ha subito una tragica battuta d’arresto.
I fatti
Daniele Pongetti, figlio sedicenne della Magnini, muore per il crollo di una balaustra nella discoteca ‘Lanterna Azzurra’ di Corinaldo, luogo che avrebbe dovuto accogliere il concerto di Sfera Ebbasta. La causa del crollo è riconducibile all'esubero del numero di persone presenti rispetto all'effettiva capienza del locale.
In quella tragica notte hanno perso la vita anche 4 giovanissimi e una madre di 39 anni che accompagnava sua figlia per assistere al concerto.
Lo sfogo
Le parole di Donatella, nel post affidato al social, sono cariche di rabbia e dolore nel ricordare quella che sarebbe dovuta essere una notte speciale per il suo giovanissimo Daniele e che, invece, si è trasformata nel peggior incubo di una madre.
La donna sostiene che sembra esserci un interesse superficiale da parte del cantante intorno alla vicenda, tanto che le 6 stelline tatuate in memoria delle 6 vittime sono, a suo avviso, solo un modo per "salvarsi la faccia". Inoltre nel post la madre fa riferimento anche a una lettera che le è pervenuta privatamente da parte di Sfera, in seguito però pubblicata sul profilo Instagram del cantante con annesse le date dei concerti.
Questo, per la donna, mette maggiormente in risalto quali siano le reali intenzioni del trapper: l'esclusivo interesse per la sua immagine.
La rabbia di Donatella, però, non è rivolta soltanto al nuovo idolo dei giovanissimi, ma espone il suo disappunto soprattutto nei confronti dei collaboratori, del manager e della casa discografica che avrebbero dovuto verificare meglio la capienza del locale, invitandoli, così, a “non giocare con i sogni dei ragazzini" morti mentre aspettavano il cantante.
Le indagini
In tale vicenda gli indagati per omicidio colposo aggravato sono 10, tra cui i 3 titolari della discoteca, i 4 proprietari dell’immobile, il dj, un buttafuori e il 17enne che, secondo gli inquirenti avrebbe spruzzato lo spray urticante. I magistrati, inoltre, potrebbero ascoltare anche la testimonianza di Gionata (questo il vero nome del trapper) per riferire sulla pessima organizzazione dell’evento.
Le indagini, quindi, proseguono mentre la “Lanterna Azzurra” ha spento i microfoni, le luci e la vita delle persone coinvolte.