Nessun volto. Nessun nome. Nessun documento. Ma con addosso qualcosa che, nell'innocenza di quello che era poco più di un bambino, valeva come la migliore carta d'identità: una pagella, in francese, cucita con cura nella tasca della giacca, un plico di fogli scoloriti, custoditi dal loro proprietario insieme con lui, in fondo al mare.

La vicenda

Era il 15 aprile 2015 quando il Canale di Sicilia divenne teatro di una delle più disastrose tragedie del Mediterraneo: il naufragio di un peschereccio, ribaltatosi al largo con a bordo 950 persone. I dispersi furono più di 700, 58 i morti accertati: un'ecatombe.

Tra questi il bambino senza nome. Il suo corpicino è stato ripescato dal mare e analizzato da Cristina Cattaneo, medico legale del Laborof (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense), che, dal 2014, cerca di restituire un'identità ai tanti, troppi, che hanno disseminato di lapidi senza nome il Mediterraneo. Il progetto è condotto in collaborazione con l'Ufficio del Commissario straordinario del Governo per le Persone Scomparse.

La dottoressa ha di recente scritto un libro, "Naufraghi senza volto" (Cortina Editore), che, attraverso le vicende del suo vissuto, ci racconta anche di quanti, per noi, rappresentano, talvolta, solo un numero vuoto di una triste notizia al TG, al fine di restituir loro, insieme ad un volto, anche la dignità di esseri umani.

La riscoperta

Tra le tante storie emerge quella di questo anonimo bambino, portata recentemente alla ribalta da una vignetta che Makkox, disegnatore de "L'Espresso", gli ha dedicato l'11 gennaio scorso.

Di lui sappiamo poco. Sappiamo che veniva dal Mali. Sappiamo, dall'analisi dei suoi resti ossei, che non aveva più di 14 anni, che era il più giovane tra i naufraghi.

Sappiamo che indossava una giacca simile ad un piumino, un gilè, una camicia e un paio di jeans, che pesava poco. Sappiamo che sognava un futuro migliore. Sappiamo che, animato da questo sogno, portava con sé, cuciti addosso ai vestiti, degli ottimi voti che parlassero di lui e per lui, che custodiva un "lasciapassare" per presentarsi e apparire migliore dans le meilleur des mondes possibiles.

Qui, dove non tutto, in realtà, va per il meglio, ma forse, come auspicava questo piccolo "morto di speranza", va meno peggio che da dove si è partiti.

Le stime

Sono numeri da brivido quelli dei morti in mare. L'OIM (Organizzazione mondiale per le migrazioni) stima che, solo nel corso del 2018, abbiamo perso la vita nel Mediterraneo almeno 2000 persone. I deceduti negli ultimi quindici anni sarebbero stati circa 30.000: il 60% di loro è, ad oggi, privo di un nome. Si tratta di dati ancora più tragici e sconcertanti che si pensa che, presumibilmente, saranno destinati a salire.