Sono trascorsi esattamente 25 anni dalla tragica morte di Ilaria Alpi, una giornalista italiana che insieme al suo cineoperatore Miran Hrovatin, si trovava a Mogadiscio nel pomeriggio del 20 marzo 1994.

Tanti sono i dubbi e i misteri che aleggiano intorno alla loro morte. Poche sono le certezze, tante le voci mai confermate, come l'ipotesi che i due stessero lavorando per raccogliere elementi e prove sulla possibilità di un traffico di armi e rifiuti in corso tra l'Italia e la Somalia.

La cronaca di quel giorno

Ilaria Alpi, nata a Roma nel 1961, grazie al suo percorso di studi riuscì ad approdare alla Rai, diventando un'inviata di Tg3.

Ben presto inizia a intraprendere diversi viaggi in Somalia grazie anche alla sua conoscenza delle lingue (tra cui arabo e francese).

La giornalista, nel marzo 1994, si trovava nel paese africano per seguire la missione di pace Restore Hope, coordinata dall'Onu. Si trattava di una soluzione per porre fine alla tremenda guerra civile scoppiata nel Paese a causa della caduta di Siad Barre, nel 1991.

Insieme a lei c'è anche l'operatore Miran Hrovatin con cui inizia a lavorare su un'inchiesta particolare. Si tratta della possibile esistenza di un traffico di armi e rifiuti tossici, in cui molto probabilmente risulta coinvolta anche l'Italia stessa. Così i due iniziano a cercare le prove, a parlare con i possibili testimoni e a raccogliere tutte le informazioni possibili per avere un riscontro sulla loro indagine.

A Bosaso, una città a nord del Paese, intervistano il sultano Abdullah Moussa Bogor. L'uomo racconta di una società di pesca italosomala che sembrerebbe avere a che fare con il traffico delle armi e della nave Faraax Omar, appena rapita da alcuni miliziani locali. Conclusa l'intervista, Ilaria e Miran si recano nel loro albergo per poi spostarsi in un altro hotel, accompagnati dal loro autista Ali Abdi.

Durante il tragitto, la loro vettura viene fermata all'incrocio tra Alto Giuba e corso Somalia. Il commando apre subito il fuoco contro la vettura e ferisce a morte la giornalista e l'operatore. L'autista riesce a sopravvivere all'attacco e a dare l'allarme.

Il mistero continua ancora oggi

Nonostante le varie indagini fatte dalle forze dell'ordine locali e italiane ci sono sempre stati molti interrogativi, due anni fa venne alla luce anche un tentativo di depistaggio.

All'epoca era stato accusato di omicidio Hashi Omar Hassan, il cui movente sarebbe stato un tentativo di rapina o di sequestro. L'uomo ha dovuto scontare ben 17 anni di carcere prima che la Corte d'Appello di Perugia emettesse la sentenza di assoluzione del somalo condannato ingiustamente.

Eppure il mistero continua a avvolgere la morte di Ilaria, così come molti sono stati i tentativi di non voler far sapere la verità. Basti pensare che la vettura esaminata nel corso delle indagini pare che non fosse neppure quella su cui le vittime salirono effettivamente a bordo quel tragico giorno. Infatti, le tracce di sangue di donna ritrovate risultano incompatibili con il DNA di Ilaria.

Dunque, dopo un quarto di secolo, non si conoscono ancora il movente, il mandante o il nome degli esecutori che uccisero la giovane italiana e il suo operatore. Un caso di cronaca che ancora oggi chiede verità.