Dall'esito dell'esame del Dna sul figlio dell'infermiera indagata per atti sessuali su minore è emerso che la paternità del bambino è da attribuire al ragazzo di 15 anni, al quale la donna forniva ripetizioni di inglese e con cui avrebbe avuto una relazione. Dopo l'interrogatorio durato circa due ore e mezza, gli inquirenti sono ancora al lavoro per ulteriori accertamenti. Il ragazzo frequentava lezioni di ripetizione dalla donna a partire dalla primavera del 2017. Successivamente, i due sono passati ad avere una relazione vera e propria da cui è nato il bambino della donna.

Ora le indagini si spostano sui contenuti dei cellulari della donna e del ragazzo, che potrebbero chiarire meglio la vicenda.

Il Dna avrebbe confermato la paternità del 15enne

Gli esiti dell'esame del Dna arrivati ieri ed eseguiti sui campioni prelevati dal figlio della donna e del ragazzo 15enne avrebbero confermato la paternità del giovane allievo sul bambino. La donna si è presentata in procura con il marito (che ha riconosciuto il bambino come suo) separatamente ai suoi avvocati, ed è stata ascoltata per più di due ore. Le parole che ha riferito non sarebbero state ancora rese note. Il capo della squadra mobile della Polizia Gianluca Aurilia ha guidato le indagini insieme a due sostituti procuratori che hanno preso in carico l'inchiesta.

L'avvocato della donna ha provato a difendere la sua cliente affermando che i fatti “prescindono dai risultati del test”.

La donna dava lezioni di ripetizione di inglese al ragazzo

Tutta la vicenda sarebbe cominciata nella primavera del 2017, quando il giovane – all'epoca 13enne – andava dalla donna per poter fare delle lezioni di ripetizione di inglese.

Da quanto è emerso dai dovuti approfondimenti dell'indagine, la donna ha poi avuto con il ragazzo una relazione con tanto di rapporti intimi, consumati probabilmente durante le ore delle lezioni. La donna successivamente è poi rimasta incinta, e avrebbe riferito tutto al ragazzino innescando così una crisi che lo ha indotto a raccontare tutto ai genitori.

Una volta in questura, la famiglia ha sporto una querela nei confronti dell'infermiera, che ha fatto poi scattare l'indagine. Oltre all'esito del Dna, che oramai incastra la donna con l'accusa di atti sessuali su minore, gli inquirenti devono ancora analizzare la serie di chiamate e messaggi che i due si sono scambiati nel corso della loro relazione.