A distanza di quasi un mese dal ritrovamento dei corpi dei due alpinisti, Daniele Nardi e Tom Ballard, che dal 24 febbraio vennero dati per dispersi sul Nanga Parbat, in Pakistan, i loro amici e colleghi, hanno voluto ricordarli, depositando, sulla roccia del campo base, una placca di latta.

A depositare la targa in loro memoria, infatti, sono stati, Txikon e il collega Ignacio De Zuloaga, colui che aveva pilotato i droni alla ricerca dei suoi colleghi-amici. Sulla placca di latta, sono stati incisi i nomi dei due alpinisti e la data della loro morte, avvenuta, probabilmente, il 25 febbraio, a 5.900 metri.

La morte dei due alpinisti è avvenuta per cause ancora da accertare: alcuni ipotizzano possa trattarsi di una valanga, altri un infortunio avvenuto durante la scalata e, come conseguenza, un assideramento.

Difficile il recupero dei corpi

I corpi di Daniele e Tom, che sono stati avvistati diverse settimane fa a 5900 metri di altezza sulla via “impossibile”, mai percorsa fino ad ora, e cioè sullo Sperone Mummery, si trovano ancora in quel punto della montagna.

A causa della pericolosità della zona e delle difficoltà tecniche di raggiungere il luogo, sarà infatti complicato, in questo periodo, il recupero dei due corpi: per questo l’alpinista bergamasco, Simone Moro, che ha raggiunto la vetta del Nanga Parbat nell’inverno del 2016 e che conosce molto bene la montagna che ha ucciso Daniele e Tom, si è proposto per raggiungere quel luogo e recuperare i cadaveri dei due alpinisti.

Moro che adesso aspetta solo l’ok dei familiari, nel frattempo, si sta preparando ed allenando per essere pronto, nel caso del consenso, al recupero.

Diversamente, è stato più facile recuperare dal campo base e restituire ai familiari, una parte del loro materiale, comprendente i loro effetti personali: l’attrezzatura e i computer portatili.

Nardi e Ballard cercavano di compiere un’impresa straordinaria

Nardi a Ballard stavano cercando di compiere un’impresa particolare, finora mai realizzata: desideravano arrivare in cima del Nanga Parbat, la nona montagna più alta del mondo, a 8.125 metri di altezza, salendo per lo “sperone Mummery”.

Il Nanga Parbat, soprannominata anche “the killer mountain” e cioè “ montagna assassina”, è il secondo ottomila (dopo l'Annapurna) più arduo: infatti, il rapporto tra il numero delle vittime ed il numero degli scalatori giunti in vetta è circa del 28%.