Lo scontro tra le fazioni causato dall'anomalo dualismo di potere che affligge la Libia del dopo-Gheddafi, sta drammaticamente raggiungendo il culmine. Salvo colpi di scena dell'ultima ora, la guerra è ormai arrivata alle porte della capitale. A Tripoli, in vista dell'ormai probabile approdo del conflitto, si è deciso di chiudere le scuole per una settimana e di fare incetta di generi alimentari e di acqua poiché si ritiene ormai probabile il combattimento casa per casa. Il generale Haftar, capo dell'esercito nazionale libico (Lna), autore dell'iniziativa bellica contro il sempre più debole premier Al Sarraj, il cui Governo è sostenuto dall'Onu, ha fatto scattare l'ora x dopo aver a lungo preparato la "marcia su Tripoli", forte dell'appoggio dell'Egitto desideroso di "scavalcare" il vertice Onu del segretario Ghadames per favorire quello previsto per luglio dall'Unione Africana voluto proprio dal Cairo.

In una tale complessa galassia di alleanze fra bande rivali, un'altra forte componente di sostegno ad Haftar viene dalle brigate salafite scese in campo a seguito delle dichiarazioni infuocate del predicatore saudita Rabee Al-Madkhali.

Il braccio di ferro con Misurata

In questo tragico braccio di ferro entra anche il personalissimo conto di Haftar con Misurata, potente città autonoma e sicura schieratasi dalla parte del governo ufficiale, l'unico forte oppositore del generale in territorio libico.

A Misurata Haftar è inviso per il lungo sodalizio con Gheddafi durato fino al tradimento con la Cia - è noto che fu proprio da qui che partì l'offensiva che rovesciò il raìs.

Il resto del mondo, nella fattispecie il mondo occidentale, guarda al conflitto col fiato sospeso per le numerose implicazioni politiche ed economiche di una situazione tanto fluida quanto pericolosa.

Il comando militare statunitense in Africa ha intanto proceduto all'evacuazione di un contingente di forze americane in Libia "per motivi di sicurezza", senza escludere la possibilità di un ritorno ad avvenuta stabilizzazione del Paese.

Le prime vittime

Intanto arriva la notizia delle prime vittime alla periferia della città: 21 morti e 27 feriti, tra cui un medico e il suo assistente.

La risposta delle forze alleate governative non si è fatta attendere: pare vi sia stato un raid aereo sulle postazioni del Lna nei pressi dell'aeroporto internazionale di Tripoli, in risposta il lancio di missili o razzi Grad a ottanta chilometri circa dalla capitale.

Il portavoce dell'esercito di Haftar, Ahmed Al Mismari, in un'intervista alla televisione egiziana Nile News ha rassicurato le potenze straniere in vista dell'ingresso in città, garantendo la sicurezza per le imprese, le istituzioni e le sedi diplomatiche - intanto l'Eni ha evacuato il personale italiano - non si sa mai.