A volte un algoritmo può favorire la scoperta di nuovi farmaci. E in molti al prestigioso MIT e nella comunità scientifica statunitense ne sono convinti. Ma è sempre così? Tillman Gerngross, CEO di Adimab, una società privata biotech, ha voluto analizzare l’iter che ha portato un Prof. del MIT a scoprire e sviluppare, in pochi anni, ben 3 nuovi prodotti/farmaci biologici di successo, arrivando a fondare delle nuove biotech. Ma questa indagine ha svelato che gli algoritmi del famoso Prof. Ram Sasisekharan, più che a farmaci innovativi si limitavano a copiare farmaci già noti.

Una vera forma di plagio. Il docente ovviamente nega.

Algoritmi come strumenti di ricerca

A Cambrige, Massachusetts (Stati Uniti), presso il prestigioso Istituto di Tecnologia del Massachusetts (MIT), opera un professore di informatica di origine indiana, Ram Sasisekharan. Negli ultimi anni questo Prof si è fatto notare per aver sviluppato degli algoritmi e modelli al computer in grado di individuare rapidamente nuove molecole biologiche, efficace per applicazioni terapeutiche innovative. Grazie ai risultati della sua ricerca e alle molecole sviluppate il Prof ha lanciato tre aziende biotecnologiche e ricevuto investimenti per centinaia di milioni di dollari.

Tillman Gerngross, CEO di Adimab, una biotech privata concorrente con sede a Lebanon, nel New Hampshire, evidentemente scettico se non preoccupato per i successi del Prof, ha deciso di indagare sull'iter che aveva portato Sasisekharan alla scoperta delle sue molecole.

La sua indagine ha svelato che due farmaci sviluppati grazie agli algoritmi altro non erano che delle copie, molto simile, di farmaci già scoperti in altri laboratori e descritti in precedenza. Questo ha gettato serie dubbi sull'integrità della ricerca di Sasisekharan.

Per chiarire il concetto, Gerngross lo spiega con un esempio: se una persona è seduta in una cucina e vede due grassi scarafaggi camminare sul pavimento, è ragionevolmente immaginare che in giro ci siano altri scarafaggi!

Altrettanto succede se un ricercatore scopre un nuovo anticorpo attivo su un determinato target con effetti terapeutici. Non è difficile immaginare che anticorpi simili portino a risultati equivalenti. Ma questa si chiama in gergo ricerca del “me too”, ovvero sulla scia di scoperte precedenti. Questa non può essere propagandata come “ricerca innovativa” fatta grazie a degli algoritmi.

Due terapie anticorpali “me too”

Pochi giorni fa sulla rivista “MAbs” Gerngross ha pubblicato i risultati di una indagine su due anticorpi descritti recentemente da Sasisekharan: uno contro l'influenza e uno contro il virus Zika. Entrambi “somiglianti” a quelli riportati in precedenti lavori da altri ricercatori.

L’anticorpo antinfluenzale, descritto da Sasisekharan nel 2015 negli atti della National Academy of Science, è risultato simile a quello descritto quattro anni prima da altri su Science. Altrettanto per l’anticorpo contro Zika, descritto in Cell nel 2018, “somigliante” ad un anticorpo descritto su Nature nel 2016. A queste accuse Sasisekharan ha replicato che il lavoro pubblicato è approssimato e diffamatorio.

Per quanto riguarda l'anticorpo Zika, esisterebbero enormi differenze tra quello descritto dal suo gruppo e quello descritto nel 2016 mentre l'antiinfluenzale è stato progettato dalla biotech Visterra, dove lui partecipa solo con delle quote.

Ma Gerngross fornisce qualche ulteriore elemento. Ad esempio, in una ricerca pubblicata dal Prof, non veniva indicata la sequenza degli amminoacidi dell’anticorpo. In seguito ad una ricerca su GenBank, un free database, Adimab ha visto che questa sequenza era molto simile a quella di un altro anticorpo descritto in un lavoro precedente il cui autore era un Prof. di Bioingegneria al Dartmouth College.

Prima di pubblicare il lavoro/denuncia Gerngross lo aveva fatto leggere a William Schief, Prof.

di Immunologia presso lo Scripps Research Institute. Anche lui ha preso atto che gli elementi di accusa erano fondati e molto forti. Un altro indizio è l’assenza, nei documenti originali del MIT, di qualsiasi indicazione sul tipo di epitopo o modalità usata per la progettazione di questi anticorpi.

Sasisekharan, membro del prestigioso Koch Institute for Integrative Cancer Research del MIT, ha ricevuto importanti riconoscimenti, anche dal National Institutes of Health. Nel 2017 ha ricevuto il premio “Agilent Thought Leader” per il suo contributo scientifico alla caratterizzazione dei prodotti biologi. Questa notizia avrà sicuramente un grosso impatto, non solo nel mondo accademico ma anche in quello industriale.

La stessa società Visterra, che sta sviluppando l'anticorpo influenzale, con un accordo da 430 milioni di dollari lo scorso anno è passata sotto il controllo dell’azienda farmaceutica giapponese Otsuka. Per ora nessun commento da parte dei giapponesi.

Al MIT – che per regolamento interno non possono commentare – fanno comunque sapere di aver aperto un’indagine per avere tutte le informazioni, al fine di tutelare l’immagine e l'integrità della loro attività di ricerca.