Un colpo al "pezzotto televisivo". La piattaforma greco-bulgara Xtream Codes è stata sequestrata e oscurata dalla Guardia di Finanza nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Napoli. Consentiva di rivendere i programmi della pay tv - da Sky a Dazn, passando per Netflix e Infinity - a prezzi stracciati, massimo 10-12 euro al mese, a una platea di circa 4,5 milioni di device (tv, pc e smartphone). Al momento del sequestro, 700mila apparecchiature erano collegate a questa popolare Iptv. Molti utenti ora rischiano severe sanzioni: una multa da 2500 a 25mila euro e da sei mesi a tre anni di reclusione.

"Individueremo gli utenti italiani e verranno perseguiti", ha promesso il colonnello Giovanni Reccia, comandante del nucleo speciale tutela della privacy e frode tecnologica delle Fiamme Gialle.

Tv pirata, operazione denominata Eclissi

L'operazione, dal nome in codice Eclissi, svolta in collaborazione con Eurojust, è al momento a carico di 25 soggetti. La base del pezzotto era Napoli, con propaggini italiane a Roma, Taranto, Avellino, Caserta, Cosenza, Messina, Vicenza, Bari e Palermo. Otto gli ordini transnazionali di indagine emessi dai pm napoletani ed eseguiti simultaneamente in Olanda, Francia, Germania e Bulgaria, con perquisizioni per smantellare le centrali del network ed aggredirne i proventi illeciti.

Il capo dell'organizzazione è stato fermato in Grecia, a Salonicco. Si tratta di Christos Papaoikonomu, inventore e gestore della piattaforma, in possesso di oltre centodieci mila euro in contanti, criptovalute e di numerose chiavette con dati informatici. Sequestrati inoltre 200 server, 80 domini, 200 tra conti Paypal, poste-pay, conti correnti bancari.

Ma come funzionava l'infrastruttura pirata? Lo schema era piramidale: al vertice c'era chi acquistava lecitamente i contenuti che riguardavano soprattutto manifestazioni sportive (campionati di calcio italiano e straniero, Formula 1 e tennis). Poi li passava a ingegneri informatici che trasformavano i segnali originali satellitari in dati informatici e video.

A questo punto gli utenti, dotati del famigerato pezzotto (un set top box o anche una semplice chiavetta che decodifica il flusso internet di migliaia di canali piratati), ricevevano le trasmissioni con abbonamenti a 10-12 euro al mese. In cambio potevano vedere tutti i palinsesti Sky, Dazn, Infinity e Netflix. Per permettere aggiornamenti c'era anche una chat privata su Skype a cui aderivano centinaia di utenti, che favoriva lo scambio di software, incrocio di istruzioni e file, al fine di migliorare il servizio all'abbonamento. La pirateria che girava intorno a Xtream Codes muoveva un giro d'affari di 2 milioni di euro al mese e la perdita lamentata finora dei canali a pagamento, a causa dello streaming corsaro, è di circa 92 milioni.