L'ex netturbino Olindo Romano e sua moglie, l'ex casalinga Rosa Bazzi, entrambi condannati all'ergastolo per la strage di Erba, la chiedono insistentemente da quattro anni: la revisione del processo potrebbe diventare realtà grazie a una questione che si trascina da anni. I due si professano innocenti, e ora, per un vizio di forma in una procedura nel complesso iter giudiziario, tutto può ancora succedere. Ci sono pochi reperti mai analizzati, sfuggiti alla distruzione che tocca a gran parte degli oggetti custoditi all’ufficio corpi di reato dei tribunali: tracce biologiche, un telefonino potrebbero portare elementi nuovi in un caso che sembrava definitivamente chiuso.

La Cassazione ha infatti accolto la richiesta dei legali dei due di trasmettere alla Corte d'Assise di Como la richiesta di nuovi accertamenti. Istanza che lo scorso aprile i giudici avevano rigettato: ora la stessa Corte dovrà rivalutarla e convocare le parti per decidere in merito. Rosa e Olindo sono stati condannati all'ergastolo perché ritenuti responsabili di aver ucciso l'11 dicembre del 2006 nello stabile di via Diaz ad Erba, Como, dove abitavano quattro persone a causa di liti condominiali: Raffaella Castagna, il figlio Youssef di appena due anni, la mamma Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Mentre il marito di quest'ultima, Mario Frigerio, rimase gravemente ferito.

Un cellulare e reperti biologici potrebbero far riaprire il caso

Lo scorso aprile, Fabio Schembri, legale storico di Rosa e Olindo, con i colleghi Luisa Bordeaux e Nico D'Ascola, aveva chiesto di poter accedere ai server delle intercettazioni, di acquisire un cellulare Motorola e di esaminare dei reperti biologici. La decisione non favorevole è stata emessa dalla Corte d'Assise di Como senza che prima ci sia stato un contraddittorio delle parti, difesa e pubblico ministero: vizio di forma che ha permesso ai legali di tornare all'attacco impugnando il provvedimento e sottoponendolo alla Cassazione che ha quindi trasmesso nuovamente gli atti a Como.

Ora, dunque, i giudici dovranno fissare una nuova udienza, e la difesa potrà anche chiedere che sia pubblica, per decidere se avviare o meno nuove indagini sulla strage. La difesa chiede accertamenti irripetibili su materiali ungueali di tutte le vittime della strage, formazioni pilifere sulla felpa del piccolo Youssef, una macchia di sangue nell’appartamento di Raffaella Castagna e una sul ballatoio, un'impronta palmare sulla porta e mai attribuita.

C'è poi un cellulare Motorola appartenuto a Raffaella Castagna misteriosamente trovato nel riordino dell'ufficio corpi di reato del Tribunale di Como. Infine, la difesa chiede l'accesso ai server della Procura per analizzare le registrazioni delle intercettazioni ambientali compiute subito dopo il delitto. Sarebbe un primo passo in vista della richiesta di revisione del processo.

La lunga battaglia sull'analisi dei reperti, va avanti dal 2015 quando la difesa chiese di poter esaminare materiale mai preso in considerazione. La Corte di Como rigettò la richiesta considerandola 'inutile e immotivata' e dispose la distruzione dei reperti. "Dopo la confessione di Olindo e Rosa, forse non si ritenne opportuno insistere con le indagini esaminando altro materiale", ha detto l'avvocato Schembri.

Poi, a seguire, rimbalzi di competenze tra la Corte d'Assise di Como e la Corte d'Appello di Brescia, vari intoppi tecnici, fino ad arrivare alla svolta di questi giorni con l'ultima impugnazione da parte dei legali dei coniugi detenuti.

Anche Azouz Marzouk chiede la revisione del processo

E' stato e continua ad essere uno dei casi di cronaca giudiziaria più intricato di questi anni, al centro di un interesse mediatico incessante per il carico di assurdità e in parte di mistero che ancora ha in sé. A distanza di 23 anni, cosa sia accaduto quella notte in cui i vigili del fuoco, chiamati a intervenire per un incendio nel condominio di via Diaz a Como, scoprirono quattro cadaveri, sembra non essere ancora chiaro.

A chiedere che siano valutate nuove prove, non sono solo i condannati e i loro legali, ma anche il tunisino Azouz Marzouk che nella strage perse la moglie Raffaella e il figlio, oltre alla suocera Paola Galli. "Tutto quello che è venuto fuori in questi anni fa pensare che Olindo Romano e Rosa Bazzi siano innocenti. Spero che la mia istanza serva per fare riaprire il caso. Tutta la mia battaglia è per scoprire i veri assassini", ha detto Marzouck. Le confessioni di Olindo e della moglie sarebbero state una messinscena dettata da una strategia difensiva per il riconoscimento dell'infermità mentale dei due.

Il programma Le Iene, più volte tornato sul caso, ha ipotizzato, sulla base della testimonianza di Marta Calzolaro, moglie del cugino di Azouz, persino una vendetta della 'ndrangheta, che controllava lo spaccio ad Erba, dopo le liti pesanti in carcere di Azouz, all'epoca coinvolto anche lui nel traffico di droga, con alcuni esponenti mafiosi calabresi. Ma, per ora, non si va oltre la suggestione.