È giunto alle ultime battute il processo d’appello a Firenze sulla tragedia di Martina Rossi, la studentessa genovese che ha trovato la morte il 3 agosto 2011, precipitando da un balcone della camera di un albergo a Palma di Maiorca, in Spagna. Nel frattempo la prescrizione ha già dimezzato di capi di imputazione per i due imputati, che non devono più rispondere della morte della ragazza come conseguenza di altro reato, ma solamente del tentativo di abusi di gruppo, in seguito al quale l’allora 20enne sarebbe caduta nel vuoto, mentre – secondo i pm – cercava di sfuggire agli aggressori.

Uno dei due giovani sotto accusa, Alessandro Albertoni, nelle scorse ore ha deciso di farsi vedere in aula per la prima volta e di rilasciare delle dichiarazioni spontanee, durante le quali ha fornito la propria versione dei fatti, negando ogni addebito e parlando di “una canna” fumata insieme, poco prima della tragedia.

La dichiarazioni di Albertoni sul decesso di Martina

Secondo Albertoni, imputato nel processo insieme a Luca Vanneschi per il tentativo di abusi ai danni di Martina, dopo aver fumato lo spinello la ragazza “non ci stava di testa”, non riuscendo a ricordare dove si trovasse, né a comprendere pienamente cosa stesse facendo. Quindi la ventenne si sarebbe buttata nel vuoto dal sesto piano, non per scappare da un’aggressione, ma perché in stato confusionale in seguito all’assunzione della droga.

Inoltre Albertoni ha aggiunto che in quel momento non era in camera, perché si era recato dalle amiche dalla giovane che alloggiavano in una stanza vicina, perché spaventato dalle condizioni di Martina: “Se fossi rimasto lì, forse non le sarebbe successo nulla”, ha concluso. Anche Vanneschi ha dichiarato davanti alla Corte di essere innocente.

Il pm ha chiesto di confermare le condanne per la violenza di gruppo su Martina

Il processo è proseguito con le arringhe degli avvocati Tiberio Baroni, che difende Alessandro Albertoni, e Stefano Buricchi, legale di Luca Vanneschi. Nell’ultima udienza il sostituto procuratore generale Luciana Singlitico aveva già chiesto di confermare la condanna di primo grado per i due imputati.

Poi la parola passerà ai giudici, che potrebbero emettere la sentenza già nelle prossime ore: col loro verdetto potrebbero chiudere il secondo grado, oppure decidere di riaprire l’istruttoria, come hanno domandato le difese, per ascoltare altri testimoni. Anche se appare più difficile, potrebbero anche accogliere le eccezioni degli avvocati dei due giovani, relative alla facoltà di utilizzare nel dibattimento alcune intercettazioni, o addirittura sull’opportunità del processo, dopo che la giustizia in Spagna si era già espressa su quanto accaduto, avallando la tesi del suicidio della giovane.

La battaglia dei genitori di Martina

Nel caso che si arrivasse ad una sentenza, sono diversi gli scenari possibili.

Infatti i giudici potrebbero assolvere gli imputati, confermare la condanna a tre anni del primo grado, come chiesto dall’accusa, oppure potrebbero derubricare il reato, da tentata violenza di gruppo ad abusi compiuti dal solo Albertoni, l’unico che all’epoca era stato trovato con dei graffi sul collo, presumibilmente dovuti al tentativo di difendersi da parte di Martina. Se si avverasse quest’ultimo scenario, scatterebbe la prescrizione e nessuno pagherebbe per quanto accaduto a Palma di Maiorca.

Non sono mai mancati in aula i genitori della ragazza, Bruno Rossi e Franca Murialdo, che in questi giorni hanno protestato per la prescrizione sopravvenuta, chiedendo e ottenendo che si arrivasse a terminare il dibattimento in tempi brevi.