Dopo 19 anni verrà celebrato un processo in riferimento al delitto di Serena Mollicone, la giovanissima studentessa di Arce (provincia di Frosinone), il cui corpo venne occultato in un bosco nel giugno del 2001. Domenico Di Croce, il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Cassino, ha disposto il rinvio a giudizio per due carabinieri (Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale) e per il maresciallo Franco Mottola. Sono stati sottoposti allo stesso provvedimento anche la moglie, Anna Maria, e il figlio Marco dell’ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce per concorso nell’omicidio.

Quatrale, oltre ad essere accusato di concorso nell’omicidio, è ritenuto responsabile anche per il suicidio del brigadiere Santino Tuzi. Mentre Suprano è accusato di favoreggiamento. La procura di Cassino aveva richiesto il rinvio a giudizio per queste cinque persone il 30 luglio 2019.

La morte di Serena Mollicone

Il corpo della giovane studentessa fu ritrovato nel giugno 2001 in un bosco ad Anitrella. Subito dopo il ritrovamento del cadavere iniziò una variegata serie di depistaggi, episodi quasi inspiegabili e molteplici accuse verso persone che non avevano nulla a che vedere con la vicenda. Dopo lunghi anni, gli inquirenti hanno deciso di riprendere le indagini indirizzando la ricerca della verità verso l’ipotesi che il luogo del delitto sia stato proprio la caserma dei carabinieri di Arce.

Secondo la ricostruzione dei fatti attuale, l’ipotesi è che Serena Mollicone sia morta dopo una lite con Marco, il figlio del comandante della stazione. La giovane, stando a quanto ricostruito adesso dal medico legale, avrebbe sbattuto la testa contro una porta all’interno dei locali della caserma.

Il Gup, Domenico Di Croce, ha disposto che l’udienza per i cinque imputati verrà svolta il 15 gennaio 2021.

La vicenda di Guglielmo Mollicone, il padre di Serena

Guglielmo Mollicone è morto nel mese di maggio di quest’anno, dopo aver cercato per quasi venti anni la verità sulla dinamica dell’omicidio di sua figlia. Guglielmo non si è mai arreso nemmeno nelle situazioni più complesse dei ripetuti depistaggi e ha sempre affermato di cercare la verità all’interno della caserma dei carabinieri di Arce.

Era stata proprio sua figlia a rivelargli di volere “denunciare il figlio del maresciallo”. La 18enne, infatti, riteneva che Marco fosse coinvolto in una vicenda di droga. Dario De Santis, il legale che ha sempre assistito il padre di Serena, in riferimento al rinvio a giudizio ha dichiarato che questo è merito del “del coraggio” e della “perseveranza” di Gugliemo. Mentre i legali della famiglia Mottola hanno criticato le lungaggini del sistema giudiziario, poiché non è possibile che si “debbano aspettare dieci anni” per arrivare a un processo.

La vicenda del carrozziere Belli e del brigadiere Tuzi

Il carrozziere Carmine Belli è una delle vittime dei tanti depistaggi, infatti nelle fasi iniziali delle indagini per la morte di Serena, venne arrestato, ma fu appurato che si trattava di una pista falsa.

Infatti, l’uomo è stato assolto in Cassazione nel 2006. Nonostante questo, Belli ha dichiarato che ancora oggi tante persone lo guardano in modo “strano”.

Mentre il brigadiere Santino Tuzi, che all’epoca dei fatti prestava servizio presso la Caserma di Arce, si suicidò con la sua pistola prima di essere interrogato dai magistrati nel 2008.