Sono trascorsi dieci anni dalla scomparsa di Yara Gambirasio. La sera del 26 novembre 2010, la 13enne di Brembate di Sopra, Bergamo, fu rapita e uccisa. Per quel delitto, sconta una condanna definitiva all'ergastolo il muratore 54enne Massimo Bossetti.

La vicenda che sconvolse l'Italia, è impressa in maniera indelebile nella coscienze di tutti e nei cuori straziati dei suoi genitori. All'approssimarsi del tragico anniversario, il papà di Yara, Fulvio, non dà spazio all'autocommiserazione. All'Eco di Bergamo ha raccontato di dedicare la vita alla realizzazione di un progetto condiviso con la moglie Maura: aiutare adolescenti a concretizzare i loro sogni.

Yara, vive grazie all'associazione a lei intitolata

Si chiama 'La passione di Yara' l'associazione che Fulvio e Maura Gambirasio hanno creato nel 2015 per tenere vivo il ricordo della figlia con attività concrete, innanzitutto a favore di giovanissimi atleti, proprio come Yara: praticava ginnastica ritmica, e il pomeriggio del 26 novembre scomparve dopo essere uscita dalla palestra. L'associazione sostiene ragazzi che si distinguono anche nella musica o nell’arte, ma che per problemi familiari ed economici non potrebbero coltivare i loro talenti. Dal 2015 sono stati realizzati 86 progetti, con una spesa di oltre 100 mila euro, grazie a una rete di volontari.

I genitori fanno rivivere ogni giorno la passione di Yara.

"Nel sorriso dei ragazzi che aiutiamo, io e Maura riscopriamo ogni volta tanta fiducia verso il futuro. Li guardo e, nel loro modo di porsi, c'è sempre qualcosa che mi ricorda mia figlia Yara". In questo modo, cercano di lasciarsi alle spalle la vicenda di Cronaca Nera e, a seguire, di cronaca giudiziaria: "La nostra famiglia sarà felice quando, digitando il nome di Yara su Google non compariranno articoli di cronaca nera, ma i progetti della nostra associazione", ha detto Fulvio Gambirasio.

Yara oggi sarebbe stata un'atleta 23enne, forse un'insegnante di ginnastica ritmica: era un'intenzione che manifestò a sua madre. "Una frase che Yara amava dire prima di scendere in pedana era ‘Mamma, entro e spacco il mondo'. Fate in modo che possano i giovani spaccare il mondo e svolgere un’attività che li renda felici”, ha detto Maura.

A Yara, nel 2019, è stata intitolata la cittadella dello Sport di Bergamo.

Yara Gambirasio, il Dna incastra Bossetti

Il 26 febbraio del 2010 a Chignolo d’Isola, a pochi chilometri da Brembate di Sopra da dove è scomparsa giusto tre mesi prima, in un campo incolto un aeromodellista scopre il corpo senza vita di Yara. i giudici della Corte d'Assise di Bergamo e della Corte d'Appello di Brescia evidenziano che non è possibile stabilire con esattezza le cause della morte di Yara, uccisa il giorno stesso della sua scomparsa. Per il medico legale che riscontra anche segni di un trauma cranico, la morte è stata concausata da lesioni da taglio e da uno stato di ipotermia.

Viene prelevato Dna dagli slip di Yara.

Tramite una complessa indagine, gli investigatori risalgono a Giuseppe Guerinoni e da lì, ricostruendo la discendenza, si ipotizza un figlio illegittimo. Quindi, rintracciata la madre, prelevano il Dna a Massimo Bossetti, muratore di Mappello. Portato in laboratorio e confrontato con quello di 'Ignoto 1' trovato sugli slip e leggings di Yara, i Ris di Parma riscontrano che combaciano perfettamente. La prova 'regina' finalmente c'è: nel giugno 2014, Bossetti, sposato e padre di due figli, è arrestato.

Yara, altre prove e condanna definitiva di Bossetti

Altre prove confermano i risultati delle indagini genetiche. Dall'esame delle celle telefoniche si evince che Bossetti la sera del 26 novembre 2010 è nella zona e così Yara.

Particelle di calce e sfere metalliche compatibili con l'attività lavorativa di carpentiere di Bossetti sono trovate sul corpo dei Yara. Le ricerche fatte dall'uomo sul suo pc, anche dopo l'omicidio della ginnasta, confermerebbero il quadro di un soggetto con strane pulsioni e perversioni. Quando è già in carcere, inizia a scrivere lettere a una detenuta in cui le confessa anomale fantasie.

Per gli inquirenti, altre conferme arrivano dal fatto che l'imputato non abbia mai saputo fornire un alibi, abbia tentato fuga alla vista dei carabinieri giunti al cantiere per arrestarlo. Il 12 ottobre 2018, la Cassazione conferma la sentenza di secondo grado condannandolo al carcere a vita. I suoi legali hanno sempre sostenuto che quel Dna non sarebbe del suo assistito. Bossetti dal carcere di Bollate continua a proclamarsi innocente. In ultimo, affidandosi a un nuovo pool difensivo, chiede la revisione del processo.