L'11 settembre del 2018, Il diciottenne Manuel Careddu era stato ucciso brutalmente sulle rive del lago Omodeo, in provincia di Oristano. Massacrato a colpi di piccone e badile e poi seppellito sotto terra. Questa mattina la procura generale, dopo circa due ore di requisitoria, ha chiesto la conferma delle condanne inflitte in primo grado ai suoi presunti assassini. Christian Fodde, considerato l'esecutore materiale del delitto, era stato infatti condannato all'ergastolo. Mentre i suoi presunti complici Riccardo Carta e Matteo Sanna avevano collezionato il primo una condanna a 30 anni, contro i 16 anni e otto mesi del secondo.

Così come erano stati condannati Giada Campus e Cosmin Nita, altri due complici allora minorenni, a 16 anni dal Tribunale dei minori. Oggi, ad un anno di distanza dal processo che si era tenuto in primo grado nel palazzo di giustizia di Oristano con il rito abbreviato, si è aperto nel Tribunale di Cagliari il giudizio d'appello davanti alla Corte d'Assise presieduta dal giudice Massimo Poddighe. La difesa aveva chiesto la perizia psichiatrica per Fodde ma la Corte l'ha respinta e ha fissato la prossima udienza in Corte d'Appello il 20 gennaio.

Debito non pagato

Secondo quanto dagli inquirenti, il delitto era stato organizzato per un debito di droga che l'allora minorenne fidanzata di Christian Fodde aveva con Manuel.

Con il quale, tra l'altro, aveva anche un ottimo rapporto di amicizia e fiducia. I carabinieri, dopo certosine indagini, avevano scoperto che i giovani avevano infatti acquistato da Manuel un grosso quantitativo di hashish e non avevano nessuna intenzione di pagarglielo. E proprio per questo motivo avevano organizzato una sorta di vendetta.

Gli investigatori avevano ricostruito passo per passo la giornata dell'11 settembre, giorno in cui Manuel sparisce nel nulla. Il suo corpo fu infatti ritrovato circa un mese dopo. Il giovane la mattina di quel giorno era arrivato ad Abbasanta con un autobus partito da Cagliari. E, proprio alla fermata del pullman, aveva incontrato i cinque che, sentiti al telefono, avrebbero dovuto saldare il debito di droga.

Per questo Manuel, con l'inganno, venne fatto salire sull'auto di uno dei cinque.

Un delitto assurdo

Guardando le carte del processo si capisce cosa sia accaduto quell'11 settembre. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti fu infatti Christian Fodde a colpire Manuel Careddu. E l'aveva fatto con una piccozza prelevata dalla sua Fiat Punto poco prima e che aveva nascosto sotto la felpa. Era stato lo stesso Careddu a confessarlo e infatti nelle carte si legge che “mentre Manuel camminava vicino a Fodde – scrivono i giudici – quest'ultimo aveva appena preso il picco, effettuando una sorta di giro su se stesso per non farsene accorgere. Poi – si legge negli atti – con il picco l'aveva colpito con violenza da dietro, proprio al lato della testa.

Manuel era caduto in terra e non era riuscito a liberarsi”. Le carte del processo continuano: “Fodde a quel punto – continuano i giudici – aveva chiesto a uno dei minorenni di legare le mani di Manuel ma il minorenne aveva esitato. Per questo motivo – si legge – l'aveva fatto lui, legando prima tra loro le mani e poi i piedi. Successivamente aveva preso una pala – concludono – e l'aveva colpito con violenza dal basso verso l'alto”.