Tra le vittime della Covid-19 c’è anche quello che molti considerano come il serial killer più spietato d’Italia. Infatti nella giornata del 17 dicembre nel carcere Due Palazzi di Padova è deceduto Donato Bilancia, 69 anni: nelle scorse settimane l’uomo era stato contagiato dal Coronavirus. Da 22 anni era detenuto, con 13 ergastoli da scontare, per aver commesso in soli sette mesi – a cavallo tra il 1997 e il 1998 – 17 delitti. Inoltre era stato condannato a 16 anni per il tentato omicidio di una transessuale, la cui testimonianza si rivelò fondamentale per la sua cattura.
Bilancia usava una P38 per uccidere le sue vittime, inizialmente per vendetta personale e poi senza un apparente motivo, forse solamente per il piacere di farlo. I giornalisti di Cronaca Nera avevano tentato di dargli diversi soprannomi, ma ogni definizione è sempre sembrata riduttiva per lui: non era il “serial killer dei treni”, visto che spesso ha ucciso altrove, né il “mostro della Liguria”, dato che a volte si è spinto fino in Piemonte per compiere i delitti, né tantomeno “serial killer delle prostitute”, poiché tra le sue vittime figurano anche giocatori d’azzardo, metronotte, commercianti.
Bilancia cominciò a uccidere dopo il tradimento di un amico
Nato a Potenza nel 1951, Bilancia aveva già qualche precedente per furto e rapina, prima di dar vita a una lunga scia di sangue.
Tutto ha avuto inizio nell’autunno del 1997 quando scoprì di essere stato tradito dal suo migliore amico, Maurizio Parenti, che lo aveva trascinato in una bisca clandestina, dove aveva perso parecchi soldi. Mentre era in bagno Bilancia sentì per caso l’amico tramare con il gestore del locale, Giorgio Centenaro, e capì di essere stato truffato dal conoscente.
E proprio Centenaro fu la sua prima vittima, legata con il nastro adesivo e soffocata, a differenza di tutte le altre, uccise con la P38. Una decina di giorni dopo fu Parenti a cadere, ammazzato insieme alla moglie a colpi di pistola. Da quel momento, nonostante avesse ormai compiuto la propria vendetta, Bilancia non si fermò più.
Qualcosa scattò nella mente dell’uomo e cominciarono una serie di delitti, apparentemente senza nessun nesso tra loro.
La serie di delitti efferati compiuti da Donato Bilancia
Pochi giorni dopo aver ammazzato l’amico con la moglie, Bilancia uccise un’altra coppia, Bruno Solari e Maria Luigia Pitto, proprietari di un’oreficeria. Poco più tardi toccò a un cambiavalute, Luciano Marro, e a un metronotte, Giangiorgio Canu, ammazzato probabilmente per rivalsa nei confronti delle forze dell’ordine. Poi le sue vittime preferite diventarono le donne, specialmente se prostitute. Iniziò a colpire anche sui treni: il 12 aprile 1998 forzò la porta del bagno di un vagone dell’Intercity La Spezia-Venezia e sparò a bruciapelo a Elisabetta Zoppetti, che non ebbe scampo.
Gli inquirenti arrivarono a Bilancia attraverso la sua automobile
In quelle settimane partì una caccia all’uomo, nei confronti del misterioso killer che terrorizzava i passeggeri dei treni. Gli investigatori riuscirono a risalire a lui anche grazie alla testimonianza di Lorena, la trans scampata per miracolo alla sua furia assassina, che fornì una descrizione di Bilancia e della sua automobile. E proprio indagando su quella Mercedes nera, gli investigatori scoprirono che la sua vettura aveva subito diverse contravvenzioni in luoghi vicini a quelli dei delitti. Per incastrare il serial killer si utilizzarono le tracce di Dna presenti su una sigaretta lasciata a pochi passi da una vittima.
Bilancia fu arrestato il 6 maggio 1998 e qualche giorno dopo confessò tutto al pm Enrico Zucca, raccontandogli anche dell’infanzia difficile, del drammatico suicidio del fratello e dei primi furti per pagarsi il debiti di gioco.
Dopo le condanne fu rinchiuso nel carcere di Marassi a Genova e poi trasferito a Padova, dove intraprese un percorso di studi, fino a laurearsi in Progettazione e gestione del turismo culturale. A quanto sembra Donato Bilancia non si sarebbe mai dichiarato pentito per gli omicidi compiuti.