È una svolta in senso progressista, come si può definire, la decisione dell'attuale Pontefice che ha riguardato la possibilità di poter celebrare o meno la messa nell'antica lingua ecclesiastica, ovvero il latino. Infatti il Santo Padre, motu proprio, ha abolito la svolta liberale che il suo predecessore ha decretato per cercare di recuperare i più fedeli al rito tradizionale.

Le origini della diatriba nata tra Mons. Lefevbre e la Santa Sede

È una storia che è nata nel momento in cui hanno preso forma i documenti del Concilio Vaticano II, tra cui il problema della lingua da usare nelle celebrazioni liturgiche, un tema pesantemente osteggiato da Mons.

Lefebvre creando, già dal 1963, un atteggiamento di non accettazione delle norme conciliari. Paolo VI, pontefice allora in carica, ha cercato in tutti i modi di riportare alla ragione il vescovo tradizionalista, ma invano, ed è stato costretto a sospenderlo “a divinis”. Giovanni Paolo II è andato oltre: lo ha scomunicato nel momento in cui ha sfidato la Santa Sede consacrando, non autorizzato, quattro vescovi scelti dall'alto prelato transalpino per continuare a portare avanti le sue idee. Solo dopo molti anni, con la salita al trono pontificio di papa Ratzinger, si è arrivati ad un accordo attraverso la redazione del documento pontificio “Summorum Pontificum” del 2007 che ha consentito ai sacerdoti lefevbriani di poter celebrare il rito cattolico con la messa “pre conciliare”, ovvero con le spalle rivolte al popolo e l'uso della lingua latina.

Il Motu Proprio di papa Francesco 'Traditionis Custodes'

Questa tolleranza ha avuto termine nella giornata del 16 luglio. Papa Bergoglio ha, infatti, firmato un motu proprio per eliminare questo privilegio concesso ai sacerdoti tradizionalisti. Il “Traditionis Custodes” del pontefice argentino ha abrogato la norma del suo predecessore, il papa emerito Benedetto XVI, ribadendo l'importanza della redazione dei libri liturgici, che sono stati promulgati da papa Montini e da papa Wojtyla, come l' “unica espressione della lex orandi del Rito Romano”.

Non solo: Papa Francesco è andato oltre, esprimendo il turbamento del suo stato d'animo su questa questione: “Mi rattrista un uso strumentale del Missale Romanum del 1962, sempre di più caratterizzato da un rifiuto crescente non solo della riforma liturgica, ma del Concilio Vaticano II, con l'affermazione infondata e insostenibile che abbia tradito la Tradizione e la 'vera Chiesa'”.

Inoltre il papa ha inviato una lettera ai vescovi di tutti il mondo per spiegare come è arrivato a questa decisione attraverso delle consultazioni svolte negli anni precedenti. Adesso si è in attesa della reazione dei sacerdoti tradizionalisti che, con molta probabilità, mal accetteranno questo che per loro è un attacco alle “antiche tradizioni”.