Per settimane, il corpo di Saman Abbas è stato cercato senza esito nella tenuta agricola dove lavorava tutta la famiglia. Emergerebbe dalle indagini che sarebbe impossibile trovarlo: la ragazza sarebbe stata fatta a pezzi. La verità sulla fine della 18enne pakistana, scomparsa la notte tra il 30 aprile e il 1° maggio da Novellara, nella bassa reggiana, sarebbe quella raccontata dal fratello minore della ragazza nel corso dell'incidente probatorio.
Solo ora emergono dalle carte dell'inchiesta le cruciali rivelazioni: il testo dell'audizione del minore è contenuto nell'ordinanza del tribunale del Riesame di Bologna che ha respinto il ricorso del cugino della 18enne Ikram Ijaz, il solo dei cinque familiari indagati per omicidio volontario a essere finito in carcere.
Saman si era opposta alla famiglia rifiutando un matrimonio combinato con un cugino di undici anni più grande di lei, Rukisar Akmal, che vive in Pakistan. Intendeva sposare il ragazzo che amava e vivere con lui.
Saman, condanna finale
"Io faccio piccoli pezzi e se volete li porto io a Guastalla. Buttiamo là, perché così non va bene". Sarebbero state queste le parole dello zio di Saman, Danish Hasnain, nel corso di una riunione tra i maschi di famiglia in cui si sarebbe deciso di smembrare il corpo dopo averla uccisa, e di gettare i resti a dieci chilometri da Novellara nel fiume Po. L'incontro sarebbe avvenuto il 30 aprile.
Nel corso dell'incidente probatorio, il fratello 16enne di Saman aveva parlato di questa riunione.
L'ipotesi che sia stata fatta a pezzi è negli atti dei giudici che hanno confermato la custodia cautelare in carcere per il cugino, Ikram Ijaz, mentre gli altri indagati, colpiti da ordine di cattura internazionale, restano latitanti. Si tratta del padre, Shabbar Abbas, della madre, Nazia Shaeen, del cugino, Nomanhulaq Nomanhulaq, e dello zio Danish.
Tutti sarebbero coinvolti nel delitto e nella sparizione del corpo della ragazza. In una chat, lo zio Danish parlando al plurale dice: "Abbiamo fatto un bel lavoro".
La tesi del tribunale e il rituale pakistano dei delitti d'onore
L'ordinanza del tribunale del Riesame di Bologna ricostruisce cosa sarebbe avvenuto. Il cugino Ikram avrebbe partecipato alla fase preparatoria del delitto: lo testimonierebbero le immagini registrate da una telecamera dell'azienda agricola la sera del 29 aprile: lo riprendono con gli altri familiari, armati di pala.
Sarebbero andati a scavare una buca. La giustificazione che sarebbero andare a pulire una canalina, è stata smentita dal datore di lavoro e da un altro teste.
Anche la notte tra il 30 e il 1° maggio, Ikram era a casa degli Habbas con Danish Hasnain, che sarebbe l'autore materiale dell'omicidio, e l'altro cugino Nomanhulaq che pure avrebbe partecipato alla fase preparatoria. Per il tribunale, i due cugini avrebbero anche partecipato alla materiale esecuzione dell'omicidio aiutando Danish. Inoltre, elemento "di fortissima valenza indiziaria" per i giudici, sarebbe la "subitanea fuga all'estero" di Ikram, così come degli altri familiari. Ikram è stato arrestato mentre tentava di andare dalla Francia alla Spagna.
Il movente dell'omicidio, poi, affonderebbe in una temibile sinergia tra precetti religiosi e dettami della tradizione locali, al punto di vincolare i componenti del clan "a una rozza, cieca e assolutamente acritica osservanza pure della direttiva del femminicidio". kram Ijaz si sarebbe posto freddamente e fedelmente al servizio dello zio Danish, "feroce assassino mosso dalla tradizione culturale e religiosa che lui stesso condivide".
Agli atti dell'inchiesta, c'è un rapporto Onu che descrive il rituale dei delitti d'onore commessi nel Punjab, regione d'origine della famiglia pakistana: le donne che rifiutano matrimoni combinati verrebbero gettate nei fiumi o sepolte in luoghi nascosti.
Saman: 'lo sposo è troppo grande per me'
Già diventata maggiorenne, Saman restava affidata a una comunità protetta. Era però fuggita dalla struttura a Bologna per tornare a casa a Novellara con l'intenzione di recuperare i suoi documenti, 'sequestrati' dal padre Shabbar che non voleva consegnarglieli, e poi andarsene. Il 3 febbraio la ragazza aveva sporto denuncia.
Ai carabinieri aveva raccontato dettagli sul matrimonio combinato: alla mamma avrebbe detto che non voleva sposare il cugino pakistano perché troppo grande per lei. Sua madre le avrebbe risposto con noncuranza che la decisione non spettava a lei. Saman aveva riferito anche delle condotte violente del padre Shabbar: L'avrebbe picchiata sia dopo aver bevuto che da sobrio. Una volta, le avrebbe lanciato un coltello colpendo però il fratello e ferendolo a una mano. L'avrebbe picchiata anche perché lei voleva andare a scuola, ma lui non le permetteva di studiare.