Tra i casi che più hanno scosso l'opinione pubblica negli ultimi anni, vi è sicuramente quello della morte di Marco Pantani. Il Pirata, che in carriera ha vinto il Giro d'Italia e il Tour de France, venne trovato senza vita oramai 17 anni fa, il 14 febbraio del 2004. Il ritrovamento del corpo avvenne in una stanza del Residence le Rose, a Rimini. Dagli accertamenti post mortem era emerso come il corridore avesse ingerito un mix di cocaina, antidepressivi e altre droghe che ne avrebbero causato la morte. La versione ufficiale, dunque, è apparsa sin da subito essere quella del suicidio.
Ipotesi, questa, a cui la mamma Tonina non ha mai creduto.
La Procura di Rimini ha riaperto le indagini, questa volta per omicidio
Nella mattinata di oggi, lunedì 22 novembre, si è diffusa la notizia secondo la quale la Procura di Rimini ha riaperto le indagini per cercare di far luce sulla morte del campione. Gli inquirenti, in particolare, cercheranno di comprendere se la morte di Pantani sia stata un suicidio o se, invece, si tratti di omicidio. La notizia è stata confermata all'Ansa da Fiorenzo Alessi, avvocato difensore della famiglia di Marco. Negli scorsi mesi, Tonina ha anche incontrato Paolo Gengarelli, ovvero il magistrato che in passato ha indagato sulla morte del ciclista. La famiglia di Pantani non si è mai rassegnata all'idea che il proprio caro si sia tolto la vita volontariamente, convinta anzi che, in realtà, Marco sia stato ucciso.
Nel corso degli anni, la magistratura ha indagato per due volte sulla vicenda, con l'ultima inchiesta che venne archiavata nel 2016.
La nuova indagine prenderebbe spunto dalle dichiarazioni di Fabio Miradossa
Nonostante l'ultima archiviazione, sul caso Pantani non si sono mai spenti i riflettori. A partire dal 2019, infatti, sulla vicenda si è interessata anche la commissione parlamentare antimafia, la quale ha inviato la propria informativa proprio alla Procura di Rimini.
Secondo quanto spiegato dagli avvocati, la decisione della Procura di riaprire le indagini deriva da una audizione effettuata a Fabio Miradossa, che nel 2005 patteggiò una pena con l'accusa di spaccio. L'uomo ha infatti dichiarato la sua convinzione per la quale Marco Pantani sarebbe stato "ucciso", sostenendo come lo avesse conosciuto "5-6 mesi prima" della sua morte e che "non mi è sembrata una persona che si voleva uccidere".
In particolare, Miradossa ha sostenuto come Marco fosse ancora alla ricerca della verità "sui fatti di Madonna di Campiglio", continuando a sostenere "di non essersi mai dopato". La speranza, ora, è che con questa nuova inchiesta si possa mettere definitivamente la parola fine su questo caso di cronaca.