Nelle scorse ore la situazione in Ucraina è sconfinata da uno stato di fortissima tensione e allerta alla guerra. Dopo il lancio dell’operazione militare russa, la popolazione di Kiev e delle principali città è in forte apprensione: moltissimi cittadini stanno cercando di lasciare il territorio e nelle prossime settimane i paesi dell’Unione europea si aspettano migliaia di rifugiati in fuga dalla guerra. Alle 6 del mattino (ora di Mosca) del 24 febbraio 2022 è iniziata la guerra in Ucraina, dopo che il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato l’avvio delle operazioni in diretta televisiva. Forti esplosioni sono state registrate nella capitale Kiev, così come a Odessa, Kharkiv, Mariupol e Leopoli.
Il ministero della difesa russo ha annunciato di aver annientato le difese aeree nemiche, ma le forze ucraine hanno diramato un comunicato nel quale spiegano di aver abbattuto cinque aerei e un elicottero russi, notizia negata dalla Russia. Testimoni oculari hanno raccontato di lunghe file ai benzinai nella capitale Kiev, oltre che di grande traffico in uscita dalla città. I video e le immagini in arrivo dal territorio mostrano il dramma e il terrore che stanno vivendo gli abitanti della città, nel tentativo di mettersi in salvo dall’arrivo dei militari russi.
Per fare il punto della situazione, abbiamo raggiunto Emanuele Valenti, giornalista appena rientrato in Italia dall'Ucraina. Emanuele Valenti è giornalista dal 2001. Si occupa di conflitti, crisi internazionali e geopolitica. Ha lavorato per radio, TV e carta stampata, viaggiando in oltre venti paesi per raccontare cosa avviene nelle aree di crisi in Medio Oriente, Nord Africa, Balcani, Nord e Sud America, e in diversi paesi europei.
È docente di corsi e seminari in scuole e università, dove insegna a comprendere e comunicare la complessità internazionale e a lavorare in aree di crisi.
Emanuele, come hai vissuto le ultime ore trascorse in Ucraina e l’escalation drammatica della situazione?
La mia storia degli ultimi giorni va un po’ a braccetto con quello che è successo in Ucraina.
Sono ripartito dall’est dell’Ucraina, dalla città di Kharkiv lunedì sera. Stava parlando Vladimir Putin e stavo cercando di capire o interpretare quanto affermava. Dalle sue parole si capiva che la crisi ucraina stava entrando in una nuova dimensione, ma ancora non immaginavo quello che sarebbe successo dalla prima mattina del 24 febbraio 2022. Cioè un’invasione su larga scala. E come me, anche quasi tutte le persone con le quali ho parlato e incontrato nei giorni precedenti esprimevano preoccupazione, ma nessuno pensava a un’azione militare di questo tipo. Cioè a un’invasione a tutto campo delle forze russe.
Le ultime notizie parlano di una reazione drammatica della popolazione: in quali condizioni stanno vivendo ora i cittadini ucraini?
Il ministero degli interni di Kiev ha riportato che da ieri sera fino a oggi (25 febbraio ndr.) l’esercito ha distribuito circa 18mila armi ai civili, che hanno scelto di arruolarsi o di appoggiare le forze armate ufficiali per difendere il proprio paese. Il ministero dell’interno ha anche messo online delle istruzioni per costruire delle bombe Molotov. Diversi esponenti del governo hanno chiesto alla popolazione civile, ovunque si trovi, di cercare di fermare in ogni modo le truppe russe che stanno avanzando. E ben sappiamo che le truppe russe sono ormai vicine ai quartieri nord di Kiev. Le immagini che mi sono arrivate, per esempio, da Kiev sono di migliaia e migliaia di persone rifugiate presso i sottopassi della metropolitana.
Succede lo stesso nelle altre città e anche a Kharkiv, la città a 30 chilometri dal confine russo da dove sono partito. Migliaia di persone sono chiuse in casa o cercano riparo in altri rifugi e nei sotterranei perché si stanno avvicinando al centro delle città i raid delle forze russe.
Continui ad avere contatti sul territorio? Quali sono le loro impressioni di queste ultime ore?
Sì, continuo a restare in contatto per il mio lavoro e perché sono legato a delle persone che si trovano in Ucraina. Una delle persone che sento di più è il mio interprete e producer, sostanzialmente la mia guida. Mi racconta quello che sta succedendo a Kiev e come stanno reagendo le persone intorno a lui. La sensazione è che questo sia il momento nel quale la Russia cercherà di prendere il controllo della capitale e di mettere in atto un piano di cambio del governo.
Perché Kiev è la capitale. A Kiev c’è ancora il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e i ministri come gli altri membri del governo. La sensazione di queste ore è che da un momento all’altro le truppe russe entreranno nel centro della città e proveranno a far cadere il governo per sostituirlo con un esecutivo amico. Ma qui bisognerà vedere la reazione della popolazione, perché questo potrebbe rappresentare anche un boomerang per l’azione russa.
La guerra combattuta altrove viene sempre vissuta come distante da noi ed entra nelle nostre case attraverso i media. Ma quali sono, a tuo parere, le implicazioni per l’Italia?
Innanzitutto, a proposito di guerra lontana, le mie sensazioni in questo momento sono differenti.
A me è capitato di visitare altre zone di conflitto. Io stesso ho visto spesso questi luoghi come molto lontani da noi e dalla nostra cultura. Per cui è possibile distinguere molto meglio il mondo lontano con la guerra e il nostro mondo in Europa. Questa mattina riflettevo sul fatto che lunedì scorso, al pomeriggio, ero in un bar di Kharkiv a prendere un caffè con un collega videomaker e nostro interprete. Nonostante la situazione tesa abbiamo chiacchierato e scherzato. Potevamo trovarci nel centro di Milano, Parigi, San Diego e ovunque nel mondo occidentale. Oggi in quei luoghi c’è la guerra. Una guerra molto più vicina. Pensando all’Italia e all’Europa c’è poi la questione dei solidi rapporti con la Russia dal punto di vista economico.
Tutti conosciamo l’importanza del gas per l’Italia. Pochi giorni fa c’è stata una riunione da remoto tra il presidente russo Vladimir Putin e diversi imprenditori italiani. Un evento che è stato anche criticato da molti. L’Italia è un solido partner commerciale della Russia e viceversa. Quindi le conseguenze potranno colpire diversi settori, come quello economico e dell’energia.
Quale opinione hai maturato sulle reali cause di questo conflitto?
C’è un prima e un dopo. Fino a ieri (24 febbraio ndr.) e da ieri in avanti. Nel senso che questa decisione di Putin è andata ben oltre tutto quello che c’era prima e le cause di questa crisi. In ogni caso possiamo sicuramente dire che la crisi in Ucraina, lo scontro tra Ucraina e Russia, così come lo scontro tra Russia e Occidente, che passa anche attraverso l’Ucraina, ha radici molto profonde.
L’ucraina si trova in una regione e in una zona geografica di cerniera e lo è sempre stata da secoli. La zona orientale ha sempre gravitato nell’orbita di Mosca. Prima era l’impero russo, poi l’Unione sovietica. Mentre la parte occidentale ha sempre guardato di più verso l’Europa. È stato così anche nella storia recente. Fino al 2014 si sono alternati al potere governi filo occidentali o filo russi. Dal 2014 l’alternanza si è rotta ed è salito al potere un governo filo occidentale: la sostanza è stata sempre questa. La Russia considera questo inaccettabile, perché il fatto va abbinato all’allargamento della Nato cominciato alla fine della guerra fredda e arrivato fino alle porte della Russia e ai paesi baltici.
Quindi la Russia si sente insicura e vuole essere sicura al 100% che l’Ucraina non entrerà mai nella NATO e nell’alleanza atlantica. Ma questo scontro si aggancia a una situazione interna molto particolare, molto complessa. Per semplificare possiamo dire che l’Ucraina è un Paese spaccato in due: una parte di cultura russofona e una di cultura più europea. Si sono scontrate queste due parti. Ovviamente tutto è molto sfumato, ma lo stesso Putin negli scorsi giorni si è agganciato a questa divisione interna dicendo che doveva proteggere la popolazione russofona. In realtà utilizzando dei simboli e degli elementi della storia passata di questo paese solo ad uso interno. E dicendo anche cose che assolutamente non sono vere, ma che in Russia e in Ucraina vengono sentite come vicine.
Prima però parlavo di boomerang perché anche nelle zone russofone, dove non si vedeva Putin come nemico, un intervento di questo tipo penso stia facendo cambiare idea a molte persone. Credo ci vorranno generazioni per sanare questa ferita tra la popolazione ucraina e quella russa.
Nelle ultime ore si sono rincorse decine di ricostruzioni della storia dell’Ucraina e alcuni media hanno dato spazio alla teoria falsa sostenuta da Putin secondo cui l’Ucraina storicamente sarebbe indissolubile dalla Russia. Possiamo fare chiarezza su questo punto?
Si tratta di un territorio che è molto legato alla Russia, perché la storia è questa. Anche ai tempi dell’impero russo Mosca era molto legata all’Ucraina.
Cerano forti legami culturali, linguistici, religiosi ed economici. Ed è vero che il potere politico, ai tempi dell’Unione sovietica prima e della Russia poi, è continuamente tornato su questi legami storici importanti. L’Ucraina tra tutte le repubbliche ex URSS è sempre stata quella sentita come più vicina per il patrimonio storico e culturale. Motivo per cui negli scorsi giorni una parte della popolazione non vedeva ancora la Russia come un nemico. Ovviamente questo nel corso della storia ha portato anche a dei capitoli molto brutti. In Ucraina negli anni ’30 dello scorso secolo c’è stata una carestia provocata in buona parte dalle politiche delle autorità sovietiche, quasi per punire la popolazione che in quel periodo si voleva ribellare al potere centrale sovietico.
Quindi ci sono stati tanti fatti nel passato che hanno segnato rotture, spaccature e contraddizioni. Ma in generale è vero che c’è questo legame. Ancora oggi molte famiglie ucraine e non solo quelle che vivono nell’est hanno parenti, amici e una parte della famiglia che vive in Russia, dove ci sono circa tre milioni di Ucraini. La metà delle famiglie ucraine è mezza ucraina e mezza russa perché quella è la geografia. Questo elemento giustifica un’azione di questo tipo? È vero che l’intervento russo in Ucraina va a denazificare la nazione? Anche se in Ucraina c’è una questione di forte nazionalismo che è andato contro la cultura russofona negli ultimi anni, il mio parere è no. Penso che in Ucraina non ci sia un regime nazista e che le frizioni interne non possano giustificare un intervento militare esterno.
L’elemento c’è, poi qualcuno lo sente, qualcuno lo racconta e qualcuno lo utilizza come propaganda.
In base alla tua esperienza e a quello che hai vissuto in Ucraina, come misuri il rischio concreto di una terza guerra mondiale?
È una domanda che mi hanno fatto questa mattina anche alcuni miei studenti. La questione è un’azione militare della NATO in risposta all’azione della Russia. Le ultime ore così come gli ultimi giorni ci hanno insegnato a non fare più previsioni, perché tutto è difficile. Però penso che questo valga soprattutto per quanto concerne Putin e la Russia. Lì è tutto complicato e difficile da prevedere. Non penso che la Nato decida di fare qualche tipo di azione militare, perché porterebbe tutto verso un’altra dimensione. Ma questa crisi ha già una dimensione globale e che va oltre lo scontro tra Russia e Occidente, oppure Russia e Nato. Perché la Russia chiede di rinegoziare la sicurezza in Europa orientale. L’elemento globale è l’alleanza che si sta saldando sempre di più tra la Russia e la Cina. Quindi c’è già una dimensione globale. Ma pensare a una terza guerra mondiale, anche se non voglio fare previsioni, mi sembra fantapolitica.
Nelle prossime settimane sono attesi migliaia di rifugiati nei paesi dell’Unione europea confinanti con l’Ucraina. In che modo l’Europa gestirà questa nuova crisi umanitaria?
Al momento ci sono alcune migliaia o decine di migliaia di persone ucraine che hanno attraversato i confini occidentali verso i Paesi europei, come Polonia, Ungheria, Slovacchia e Moldavia. Le Nazioni Unite hanno prodotto una stima che comprende fino a 5 milioni di possibili rifugiati. In Ucraina vivono 44 milioni di persone e l’Europa sicuramente accoglierà tutti coloro che potrebbero arrivare. Anche questa è una questione che ci porta ad altre storie recenti e che riguarda l’immigrazione. Storie nelle quali l’Europa ha chiuso le proprie porte. Questa volta, trattandosi di una popolazione europea, penso che avverrà il contrario. Questo in realtà non va bene dal mio punto di vista personale. Nel senso che in passato l’Europa ha cercato di delocalizzare e allontanare dai propri confini la gestione della questione migratoria. Pensiamo alle crisi recenti. Ai conflitti in Siria e in Libia ed a cosa è avvenuto negli ultimi dieci anni nel Mediterraneo. E poi anche al fatto che l’Europa e l’Occidente in generale stanno facendo molto poco, perché non può esserci un intervento armato. Quindi anche per un senso di colpa, l’unica cosa che farà l’Europa sarà di accogliere almeno i migranti.
Putin si fermerà in Ucraina o troverà altre scuse per espandere ancora di più i confini della Russia?
Io penso che si fermerà. Non sappiamo come, dove e quando. Ma penso che la crisi rimanga circoscritta all’Ucraina, almeno dal punto di vista militare.
Perché è così difficile parlare di pace, in questo contesto?
Perché la pace sostanzialmente non c’è ed è una parola che molti hanno usato in Occidente e che usiamo anche noi, ma poi ci rendiamo conto di quanto sia difficile applicarla. Per esempio, gli stessi europei la stanno utilizzando molto, ma ancora questa mattina il presidente ucraino Zelensky ha detto che l’Ucraina si sente sola e che e le grandi potenze guardano da lontano. Ed è vero in effetti. Se guardassero troppo da vicino però, prende forma il rischio di un conflitto globale. Questa è la contraddizione.