Cosimo Di Lauro è morto. L’ex capo dell’omonimo clan camorristico è deceduto a 48 anni nel carcere milanese di Opera.

L’avvocato di Di Lauro, Saverio Senese, ha ricevuto, la mattina del 13 giugno, una mail da parte del carcere che ha comunicato il decesso dell’ex boss avvenuto alle ore 7:10. Non sono chiari i motivi della morte dell'uomo e la Procura di Milano ha aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti, un atto “prudenziale” per svolgere l’autopsia e gli accertamenti medico legali e tossicologici. A quanto si apprende, sul corpo del boss e nella cella non sarebbero stati trovati segni evidenti o elementi che possano far pensare a un suicidio o a una morte violenta.

L'uomo era in carcere dal 2005. Il 15 gennaio del 2008, i legali di Di Lauro chiesero e ottennero una perizia psichiatrica dalla quale emergevano condizioni di salute precarie. I medici parlavano di ansia, disturbi mentali e comportamenti stravaganti come quello di “ridere a crepapelle nel cuore della notte”. Nell’ultimo periodo Di Lauro soffriva di turbe psichiche e allucinazioni.

La faida di Scampia

Cosimo Di Lauro è stato uno dei camorristi più attivi nella provincia di Napoli. Figlio di Paolo Di Lauro, capo dell’organizzazione prima del suo arresto, era il primo di 10 figli.

Rispetto a Cosimo, come ricorda anche Roberto Saviano in un post su Facebook, Paolo Di Lauro preferì gli altri figli rispetto a cui vede “qualità” che non trova nel primogenito.

Con il tempo Cosimo, dopo che il padre viene raggiunto da un provvedimento restrittivo, prende il dominio totale del clan. Recluta giovani da lui considerati fedeli e affidabili, che colloca a capo delle principali piazze di spaccio del quartiere. Queste prese di posizione non sono naturalmente ben viste dai fedelissimi del padre e questo porta inevitabilmente a una guerra tra il clan Di Lauro e i separatisti, chiamati poi gli “scissionisti”, che si sviluppa nel periodo tra l’ottobre del 2004 e il febbraio del 2005; una guerra che ha visto quasi quotidianamente agguati e omicidi, anche di persone non direttamente coinvolte nella malavita.

Fra esse anche Gelsomina Verde, giovane operaia di soli 21 anni, che venne uccisa per non aver rivelato al clan Di Lauro il nascondiglio dove si rifugiava, tra l’altro, ex fidanzato, Gennaro Notturno, che aveva deciso di schierarsi mesi dopo la fine della relazione con Gelsomina, dalla parte degli scissionisti. Di fatto la ragazza era totalmente estranea ad ambienti camorristici.

Il monito di padre Maurizio Patriciello

In queste ore padre Maurizio Patriciello, parroco che da anni si batte contro la criminalità organizzata nel territorio di Caivano, ha lanciato un monito, attraverso il proprio profilo Facebook, indirizzato ai giovani camorristi. L’invito è quello di redimersi riflettendo sulla vita di Di Lauro. “È morto. Senza un conforto. Senza una carezza. Senza una preghiera. È morto come un miserabile”.