In questi giorni, negli Stati Uniti, è uscito un libro del prof. T. Piketty, Capital in the Twenty-First Century , Belknap-Harvard), il quale, partendo da un'analisi del Capitale di Karl Marx, è andato via via aggiustando il tiro su alcuni temi "alla Renzi", soffermandosi in special modo sui super-stipendi dei super-manager americani. Il libro di T. Piketty è stato recensito sul The American Spectator da James Piereson (Presidente della William E. Simon Foundation e Senior Fellow al Manhattan Institute).

Allorché Piketty s'è concesso la libertà di sostenere che l'aumento degli stipendi dei super-manager dal 1980 ad oggi sembra assolutamente ingiustificato e che "i dirigenti delle grandi aziende sono riusciti a ottenere compensi estremamente elevati e storicamente senza precedenti per il loro lavoro", James Piereson s'è votato a una difesa a tutto campo dei "ricchi" contro le pretese "assurde" di Piketty.

Dopo aver stigmatizzato il fatto che, per risolvere il problema della disuguaglianza, Piketty auspicherebbe, Dio ci scampi e liberi, un aumento delle tasse fino all'80% sui "ricchi", e fino al 60% per quei poveracci con redditi fra i 200.000 e i 500.000 dollari, pretendendo addirittura, il temerario, d'impedire persino le fughe di capitali all'estero, egli però ha dovuto convenire sul fatto che, da "un certo punto di vista", l'epoca contemporanea potrebbe effettivamente essere definita come un' età rivestita soltanto d'una sottile "patina dorata", per via delle crescenti diseguaglianze e dell' aumento della concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi. Ma, "da un altro punto di vista" - esclama trionfalmente James Piereson, tra il verosimile e il retorico - essa potrebbe essere considerata come una vera e propria "età dell'oro", segnata da innovazioni senza precedenti: globalizzazione dei mercati, assenza di grandi guerre e standard di vita crescenti.

Si noterà che, a proposito delle guerre, James Piereson s'è ben guadato dal dire che nel mondo non ci sono guerre, ma che, tutto sommato, siamo fortunati, perché non ci sono "grandi guerre". Infine, James Piereson, citando John Maynard Keynes, bacchetta ancora una volta il prof. Piketty, reo, tra le altre cose, di favorire con i suoi discorsi la "fine prematura del sistema", magari con il plauso di gente tipo Bill Gates, Warren Buffett e George Soros.

Le argomentazioni di James Piereson m'hanno riportato alla mente, attraverso il complicato e labirintico intreccio delle analogie, la figura di Alighiero Noschese, forse il più grande imitatore italiano prima di Crozza. Noschese, una volta, in uno sketch assolutamente esilarante, fece l'imitazione di un esponente di spicco di un partito della Prima Repubblica.

In buona sostanza, l'Onorevole era intervistato da una voce fuori campo, che, ad un certo punto, chiese:

- Onorevole, cosa pensa di fare il suo partito per sanare le diseguaglianze economico-sociali del Paese? Non crede sia opportuna una redistribuzione della ricchezza?-

-Ritengo sia assolutamente inutile togliere ai ricchi per dare ai poveri!-

- Perché?-

- Perché, poi , bisogna togliere ai poveri diventati ricchi per dare ai ricchi diventati poveri.-

- Quindi?-

- Quindi lasciamo stare le cose come stanno!-

Che è, "mutatis mutandis", il ragionamento di James Piereson.