Esce nelle sale italiane il 25 gennaio DOWNSIZING, film co-sceneggiato e diretto da Alexander Payne (“Sideways – In viaggio con Jack”, 2004; “The Descendants – Paradiso amaro”, 2011), con Matt Damon nel ruolo del protagonista principale. Già presentata in apertura dello scorso Festival di Venezia, dove era stata (inspiegabilmente) accolta con fragorosi applausi dagli addetti ai lavori, l’opera è ambientata in un futuro prossimo non meglio specificato dove – tanto per cambiare – si è sull’orlo dell’estinzione di massa causa catastrofe, in questo caso ambientale.

La trama

Un team di scienziati negli anni ’50 individua come principale problema per la sopravvivenza del genere umano la sovrappopolazione, e si adopera per mettere in atto la soluzione più ovvia, già felicemente adottata dai Puffi: diventare alti due mele o poco più (nella fattispecie, 12 cm). Riducendo le dimensioni degli esseri umani, infatti, non solo sarà maggiore lo spazio disponibile, ma anche si utilizzeranno meno risorse e materie prime, si produrranno meno rifiuti, si inquinerà meno. Insomma, si aiuterà il pianeta. Diversi anni dopo, uno scienziato norvegese riesce finalmente ad inventare il sistema per miniaturizzare – irreversibilmente – le persone, annunciandolo clamorosamente dall’interno di una scatola in una conferenza stampa planetaria.

Passano ancora una decina d’anni (il tempo vola, in DOWNSIZING, molto più rapidamente delle 2 ore e 15’ di durata totale del film).

A questo punto la tecnologia per rendere uomini e donne piccini picciò è disponibile a tutti, ma la maggior parte dei volontari sembra più animata dalla prospettiva di vivere agiatamente e senza lavorare che da spirito di sacrificio per salvare il mondo, come nelle intenzioni iniziali.

E qui si inserisce il nostro protagonista e gentil consorte, angustiati dai debiti e dall’impossibilità di potersi permettere una casa (e una vita) migliore. Poiché nel mini-mondo una villa con piscina ha la grandezza di poco più che una casa di bambole (multiaccessoriata, ve lo concedo), anche il suo costo diventa decisamente più abbordabile.

I Safranek (Paul, Matt Damon e Audrey, la Kirsten Wiig di “Amiche della sposa”, 2011) decidono quindi di vendere tutto ed imbarcarsi per l’avventura senza ritorno del rimpicciolimento, scegliendo il pacchetto con tutti gli optional perché il marito farebbe ogni cosa pur di contentare la mogliettina.

Dopo la festa di congedo da amici e parente (il padre della sposa), ha inizio la lunga e particolareggiata procedura che fondamentalmente consiste in un’accurata tosatura di capelli, sopracciglia e ogni pelo (anche pubico) presente, nonché estrazione di impianti e corone dentarie vari ed eventuali (pena l’esplosione della testa del malcapitato in caso di dimenticanza). E qui (SPOILER ALERT) succede il fattaccio: la dolce Audrey (Kirsten Wiig), che aveva spinto per scegliere l’opzione più costosa e lussuosa, che non aveva avuto un dubbio a salutare famiglia e compagne di una vita, che aveva accettato di buon grado i rischi e le conseguenze del ridursi a una decina di cm di altezza, non regge all’affronto del taglio a zero di chioma e, con ancora solo una sopracciglia superstite, scappa mollando il marito.

Quindi Paul (Matt Damon) si ritrova lillipuziano, abbandonato dalla moglie, solo in una penta-casa di bambole, col morale più che a terra, all’interno di una comunità-parco giochi che, a sfregio, si chiama pure Leisureland.

Da questo momento in poi, di tutto, di più (ATTENZIONE, SPOILER a bizeffe): clandestini che varcano le frontiere miniaturizzandosi e nascondendosi in imballaggi di televisioni, dissidenti vietnamite rimpicciolite contro la loro volontà in prigione, crisi economica che spinge sempre più persone a rimpicciolirsi, scoperte sconvolgenti stile che nel mondo simil perfetto alla Pleasantville di Leasureland si nascondono in realtà le stesse ingiustizie sociali del mondo ad altezza normale (perciò, va a finire che “piccolo NON è meglio”), annuncio di fine del mondo imminente, setta o simil tale che sogna di ripopolare un nuovo Eden di Mini-me, nonché storia d’amore romantica giusto per non farsi mancare davvero nulla.

Fortunatamente, nel calderone, trovano spazio anche le espressioni e la recitazione geniale di Christoph Waltz, che ci regala un altro dei suoi personaggi iper-caratterizzati, un contrabbandiere serbo di generi di lusso per il mondo dei “piccoli”, come gocce di profumi di marca o micro-sigari cubani.

I lati positivi del film

Sinceramente, non moltissimi. Come appena ricordato, la risata sardonica e le battute di Christoph Waltz, che regala i non frequentissimi momenti di divertimento del film. Lo spunto iniziale, del rendersi volontariamente minuscoli, forse un po’ troppo lungamente abbozzato, ma che avrebbe potuto dar luogo ad esiti migliori, se non si fosse perso in un insieme alquanto indistinto di altre sotto-trame, al punto che spesso, si potrebbe dire - come afferma il protagonista Paul - che ci si dimentichi quasi di essere in un mondo in miniatura.

La performance di Matt Damon che, complice anche la pancion.., pardon, la pancetta, ritrae egregiamente il perfetto uomo medio, che si fa i selfie con le celebrities, si fa bistrattare prima dalla madre, poi dalla moglie, ed infine dalla tipa incrociata per caso, e che nel momento di massima trasgressione, alticcio e impasticcato, decide di darsi alla pazza gioia e osa – addirittura – ballare togliendosi le scarpe (dopo averlo educatamente preannunciato, comunque, non esageriamo!).

Il caratterino della dissidente vietnamita, che ha fatto aggiudicare un meritato Golden Globe all’attrice che la interpreta, Hong Chau.

I lati negativi

Parecchi. Il principale, e peggiore? La trama. Al di là della promettente partenza, è un guazzabuglio che fa spesso pensare “dove vuole andare a parare?” e che spesso si risolve in un accumulo di spunti non sviluppati (come le contestazioni di chi rimane ad altezza normale contro i piccoli, per esempio, o i rapporti tra i due mondi, troppo velocemente abbozzati).

Si aggiungono tematiche varie ed eventuali, e poi tutto si risolve nel classico momento (Ri-MEGA SPOILER ALERT) in cui lui parte, lei resta in lacrime, tu preghi che lui non torni su suoi passi correndo, lui torna sui suoi passi correndo, e vissero felici e contenti, o giù di lì. Sinceramente, per averci messo più di due anni a scriverlo, ci si aspettava qualcosa (molto) di più.

Anche la lunghezza non scherza: due ore e 15 minuti potevano tranquillamente e in più parti venire accorciati, facendo guadagnare, se non in maggior coerenza, quantomeno in minore agonia.

Bilancio totale

Non buono. Gli attori sono in gamba, ma la sceneggiatura avrebbe avuto bisogno di una seria revisione e qualche discreto taglio. Peccato, il film sui piccoli non è diventato grande.