"Tutti i libri di Erri De Luca sono intensi, ma cambia sempre modalità di fare e progettare un libro: Il giro dell'oca (Feltrinelli) è il libro più intimo ed anche il più esemplare. De Luca è uno dei pochi intellettuali che può esporsi anche pubblicamente, come fa sempre utilizzando la propria voce perché non nasconde nulla; non ha un secondo pensiero, non ha tracce nascoste. Qui è Erri che parla del figlio che non ha mai avuto: fa emergere il suo doppio. Prende le tracce importanti della sua vita: gelosia, Libri, lettura, la politica, la giustizia, l'uguaglianza e la fraternità e ne fa un libro a venire.

Tutti i libri di Erri sono promesse di libri futuri". Questa la recensione che Raimondo Di Maio, il libraio-editore della Dante&Descartes partenopea - e personaggio di De Luca 'Don Raimondo' - primo lettore ed amico, fa dell'ultimo testo dello scrittore partenopeo. Il testo verrà presentato in anteprima nazionale ad Agerola (NA) il 13 ottobre alle ore 18, presso la Chiesa della Madonna di Loreto, nella frazione di Campora, per il legame che De Luca ha con il sindaco locale Luca Mascolo, che organizza la presentazione insieme all'assessore Regina Milo.

L'ultimo libro di De Luca è un testamento familiare e politico

Con questo testo De Luca torna nella magia di Non ora, non qui, che più di vent'anni fa aveva rivelato alla comunità dei lettori uno scrittore diverso dagli altri perché figlio di una solitudine rumorosamente fervida, sia come militante politico, sia nelle scelta delle sue fonti: quella proveniente dalla radice ebraica biblica la più sorprendente.

Ora, in questo testo in cui dialoga con suo figlio, che inventa come un novello Geppetto, emerge anche la solitudine - ed il silenzio, "quello umano" - di non essersi mai trovato nella disponibilità di fare una carezza ad un suo "pezzo di vita nel mondo". E' l'occasione per fare una sorta di bilancio della sua esistenza familiare: il rapporto con il padre, e quello che con la madre.

Per parlare della guerra che è "'umanità contro se stessa, per annientamento. E' volontà di rimanere in pochi, per soddisfazione di superstiti". Sarajevo, Mostar, Belgrado scivolano con ricordi di annientamenti ed i versi dei poeti - Yeats, Sarajlic - sono motivo di consolazione nel deserto della paura, "serate e veglie di poesia nella città spezzata; la specie umana inventa le divagazioni più impensabili". Questo libro, però, non fa divagare da nulla.