Esistono diversi modi di giustificare il successo di una celebrità: a volte si tratta di mera raccomandazione, quasi sempre di fortuna, altre volte ancora – ed in dose molto minore, considerati i tempi che corrono – ci vuole un pizzico di tutti gli elementi sopracitati, più l’innato e puro talento che li accompagni.

Lady Gaga, per nostra fortuna, rientra in quest’ultima, dignitosa categoria. Furono forse pochi addetti ai lavori e qualche appassionato dall’orecchio fine a prevedere che quella ragazzina dai capelli color platino, ammiccante e dalle cui liriche traboccavano parole piene di doppi sensi, sarebbe diventata nel giro di pochi anni un’autentica artista a tutto tondo, capace di reinventarsi ad ogni uscita discografica, anticipando costantemente i tempi e mostrando un instancabile entusiasmo, facendo della sua musica il punto di riferimento per indicare la forma più regale dell’intrattenimento.

Ora, all’età di trentadue anni, Stefani Germanotta è entrata nel pieno della sua maturazione artistica, e non ci sarebbe stato modo migliore per celebrare la prima decade nell’industria che conta con un film che, parliamoci chiaro, ripercorre passo passo le sensazioni più intime di quella ragazzina che, dai più sgangherati pianobar di Brooklyn, si è ritrovata il mondo ai piedi, trascinata nel tremendo vortice del successo che troppo spesso produce tanti adepti quante vittime.

Ribalta e baratro

A Star Is Born” non è ciò che il titolo suggerisce: coloro che credono di trovarsi di fronte all’ennesima consacrazione del sogno americano, ispirato da una gavetta ripagata a bocce ferme da un tripudio di lusso sfrenato e yes-man, non potranno che rimanere delusi; la realtà, invece, è che questo film lascia parecchio amaro in bocca ai suoi spettatori, costringendoli ad interrogarsi sul vero prezzo della fama e mostrando loro quanto l’amore isterico delle masse devote resti effettivamente fuori dal camerino dell’idolo, il quale – appena le luci si spengono e il sipario cala – è confortato soltanto dalle ruvide carezze dei suoi demoni.

Il ruolo di poeta maledetto, quello di Jack, interpretato da un magistrale Bradley Cooper, è quanto di più si addice ad una realistica rappresentazione del genio: così a suo agio nel momento d’imbracciare una chitarra e cantare i suoi versi, così debole e vulnerabile di fronte ad una bottiglia od una striscia di cocaina, mentre tutti gli infidi personaggi che gli gravitano attorno sono concentrati a salvare faccia e fatturato, nella terra dove il dio denaro ha già da tempo rimpiazzato quello cristiano.

Ally, l’insicura ma vigorosa cantautrice che Lady Gaga porta sullo schermo, è al contempo spettatrice e vittima dei rocamboleschi rovesciamenti emotivi del suo uomo, una rockstar dallo sguardo di chi nella vita ne ha viste di ogni, ormai ostaggio dei vizi e tormentato dall’acufene, quest’ultimo metafora di come il suo ardore per vita e carriera diventi sempre più impermeabile alle dimostrazioni d’affetto del pubblico.

Due amanti imperfetti

A far da sfondo a questo malsano quadretto, c’è l’amore, perché “A Star Is Born” è – prima di tutto – una storia d’amore, di quelle impossibili, consumate tra amanti che si amano fin troppo per le possibilità che hanno a disposizione di far perdurare il loro sentimento, attraverso la ruggine delle circostanze. Ally e Jack sono due facce della stessa medaglia, entrambi travolti dal bruciante desiderio di condividere col mondo il proprio senso della vita, ma in marcia su binari paralleli, e in rotta verso stazioni diverse: mentre da Ally traspare il novizio fervore di chi ha appena conosciuto le luci del palcoscenico, con le sue risate fittizie e lo champagne a fiumi, Jack n’è già stato consumato fino all’osso, a peso morto sulle spalle del passato e svuotato della maestosità che pare far brillare i divi di luce propria.

Il finale è come uno se l’aspetta, ma non è scontato: Ally è ormai intrappolata anch’ella nelle grinfie del famelico star system, adora ciò che fa più d’ogni altra cosa al mondo, ma vede nel tracollo fisico e psicologico di Jack quello che lei stessa, un domani, potrebbe diventare, e cioè il fantasma di chi è crollato sotto i colpi beffardi della ribalta, un guru che ormai guru non vuol più essere, messo in ginocchio da quello che purtroppo non somiglia più al sogno di tanti ragazzini, chini religiosamente sugli spartiti, chiusi nella loro cameretta, bensì al preludio dell’abisso.

Ottima regia, un cast d’eccezione, recitazione eccellente, una straordinaria colonna sonora e molteplici spunti di riflessione: “A Star Is Born” è tutto questo, e anche molto di più.

Un film destinato a restare non solo nelle rispettive filmografie di chi ne ha fatto parte, ma anche nel cuore e nella mente di tutte le anime più sensibili, con la certezza che i posteri sapranno tributare il giusto tributo a quello che, da oggi, rappresenta senza dubbio un punto fermo nell’Olimpo della narrazione drammatica.