Molto spesso da ragazzo e successivamente da adulto, l'uomo ha dei propri ricordi un piccolo insieme di immagini sfocate o di sensazioni rimaste, ma pochissimi, a dire il vero, conservano i propri ricordi perfettamente "integri", soprattutto prima dei tre anni. Ma come è possibile? Freud la ha chiamata "amnesia infantile", e se prima c'erano davvero poche certezze in questa materia ora grazie alle neuroscienze si può dare una risposta esauriente a questo straordinario fenomeno.

I ricordi che 'non ci sono'

Il primo punto, che si presenta quasi come un paradosso, è che quando un bambino ha circa due anni ha ricordi a dir poco perfetti di ciò che gli accade.

Ma che quando cominciano a superare quell'età quei ricordi svaniscono, e non sono più recuperabili. Secondo Freud, questa dimenticanza ha a che fare con una serie di traumi psicosessuali che il bambino reprime inconsapevolmente. Una ipotesi che in passato si accompagnava spesso con quella secondo cui i ricordi per durare abbiano la necessità di un linguaggio. Ma con i nuovi studi queste sono state entrambe smentite in parte, perché il bambino ha una memoria che si "dilata" progressivamente. Ad esempio, a nove mesi "ricordano" trenta giorni; a due anni, dodici mesi e a quattro anni anche più di un anno. Finché questo processo cambia radicalmente: dai sei anni in poi si dimentica moltissimo, in quello che viene definito un vero e proprio "crollo".

Cosa dicono le neuroscienze

Gli studi dicono che questa dimenticanza fa parte dello sviluppo stesso del cervello. In questo periodo avviene la crescita di nuove connessioni tra neuroni, e accade come una sorta di "tumulto". Nell'età adulta queste connessioni vengono "recise", in modo tale che nell'ippocampo si avvii un processo di "ristrutturazione": i ricordi maturati fino a quel momento scompaiono quasi del tutto per fare spazio ad altri.

L'esperimento

I ricercatori dell'Università di Toronto hanno sperimentato tramite dei topi adulti "trasferiti" da una gabbia metallica ad una di plastica, per poi farli subire una leggera scossa. Mentre i piccoli dimenticavano presto la scossa (dopo circa un giorno), gli adulti ne conservavano un ricordo decisamente più vivido.

Infatti, ricordando il tipo di ambiente in cui hanno ricevuto la scossa, ne ricordavano anche la scossa stessa. Ma non è finita: sembra che questo ricordo fosse meno "stressante" e pauroso, dal momento in cui le gabbie di plastica venivano dotate di una ruota o di altri elementi.

Una 'perdita' necessaria

In conclusione, è bene precisare che i ricordi "scompaiono" per il semplice fatto che si rendono letteralmente "irriconoscibili" perché integrati ad altre configurazioni. Ciò significa che la progressiva maturazione del cervello coincide con l'inaccessibilità dei ricordi.